LUCIA BIGOZZI
Cronaca

"Qui siamo tutti in balia dei banditi". Lo sfogo di un imprenditore derubato

A marzo l’assalto nella sua azienda, ora i nuovi colpi agli orafi. "Da Roma pochi aiuti, i controlli non reggono"

Un'auto della polizia (foto di repertorio)

Un'auto della polizia (foto di repertorio)

Arezzo, 1 luglio 2024 – ”Quel giorno , non ci siamo fermati". Marzo 2023: un commando assalta l’azienda di Marco Benedetti, a Ponticino. Un’azione paramilitare: alberi tagliati usati come barricate lungo le via d’accesso, un’auto lanciata contro il cancello per aprire un varco, la cassaforte fatta saltare, bottino importante. Un anno dopo, Benedetti passa in rassegna i colpi messi a segno in altre aziende e sbotta: "Così non è più possibile andare avanti, non finiremo mai". Su tutto, l’appello, netto, affinché "lo Stato difenda le nostre imprese che creano posti di lavoro e muovono l’economia non solo del distretto orafo ma dell’intera provincia, basta pensare all’indotto".

Benedetti, si è confrontato con i suoi colleghi? Qual è il quadro un anno dopo l’assalto alla sua azienda?

"Assistiamo impotenti a una escalation di criminalità perchè i banditi hanno capito che Arezzo è un territorio ricco ma al tempo stesso sguarnito sul piano della sicurezza pubblica perchè i ministeri dell’Interno e della Difesa ragionano a livello statistico, per cui un furto in appartamento vale quanto il furto alla Salp e dunque i numeri saranno sempre bassi, ma qui c’è da difendere un sistema economico fondamentale. La situazione non viene tenuta in considerazione neppure dal livello politico: qui non c’è un’azione forte che parta dal territorio e arrivi a Roma. Non abbiamo rappresentanti che in maniera decisa ed efficace portino avanti a livello nazionale le istanze del nostro sistema produttivo".

Cosa serve?

"Sollecito il prefetto a chiedere specialisti che a Roma ci sono. Serve una task force, persone competenti in grado di gestire un fenomeno che sta dilagando. Fu fatto dopo il colpo alla Salp, tra il 2011 e il 2012: venne inviato ad Arezzo un esperto dell’Arma insieme a reparti speciali che riuscirono a tamponare la situazione. Ma oggi siamo punto e accapo. Servono specialisti, ma pure l’esercito: tutto quello che può fermare questa spirale di criminalità che rischia di compromettere la tenuta del sistema economico legato al distretto orafo. Noi ci stiamo difendendo con la vigilanza privata, ma è impensabile che possa bastare".

Cosa significa per un imprenditore subire un assalto?

"Il danno più grosso è quello psicologico. Subisci una violazione nel settore nel quale ti sei impegnato, sei riuscito a creare un’azienda, posti di lavoro. Un danno psicologico che può anche inibire lo stimolo ad andare avanti per chi fa impresa e sceglie di rischiare in prima persona. E questo è solo la punta di un iceberg. Perchè sotto, c’è un senso di smarrimento, la mancanza di tutela da parte di chi, invece, è preposto proprio a difendere il sistema imprenditoriale che ha una funzione sociale: crea lavoro che genera benessere con effetti sull’intera economia. Purtroppo questo è un aspetto fondamentale che nessuno considera: l’impresa va sostenuta e difesa come bene sociale".

Ha paura? Ha mai pesanto di mollare?

"Mai. Pensare di mollare significherebbe darla vinta ai banditi. Eppoi sento la responsabilità di 92 dipendenti, cioè altrettante famiglie, e finchè potrò non farò mai un passo indietro, resto al mio posto, così da 37 anni".

Pensa mai a quel giorno?

"Ormai c’è una certa esperienza anche nel gestire situazioni del genere. Noi quel giorno abbiamo rimesso in ordine in mezzo a quel disastro e lavorato come sempre. È l’unico modo per andare avanti e dimenticare più in fretta che si può".