ERIKA PONTINI
Cronaca

Rifiuti, impianto abusivo da 30 anni, 4 indagati

Anche un dirigente della Provincia accusato di falso: avrebbe certificato che la distanza dal capannone al Tevere era di 9 metri invece che 5

di Erika Pontini

Un impianto per la frantumazione di inerti e la produzione di stoccaggi di rifiuti avrebbe operato senza autorizzazione da trent’anni in un’area metà privata, metà in concessione demaniale (e in parte anche occupata abusivamente) dove – secondo l’accusa – sarebbero stati gestiti illecitamente rifiuti speciali pericolosi e non, come tondini di ferro, frammenti di lastre, di granito e di mattoni, imballaggi per pitture, ma anche tubi in pvc e disperse su suolo e sottosuolo acque meteoriche contaminate con supermaento di rame, cromo e zinco.

Coinvolge quattro persone - i legali rappresentanti della società ’Citernesi Secondo Calcestruzzi srl’ Fernanda Serafini, Roberto Del Barna e Tiziana Citernesi e un dirigente della Provincia, Patrizio Lucci – l’indagine svolta dalla sezione di polizia giudiziaria, aliquota carabinieri insieme alla stazione Forestali di Sansepolcro, coordinata dalla procura di Arezzo, arrivata alle battute finali con la notifica dell’avviso di conclusione, l’anticamera della richiesta di rinvio a giudizio. Un filone riguarda le mancate autorizzazioni, lo stoccaggio e gestione dei rifiuti, i tre scarichi di acque reflue senza l’ok; l’altro il pericolo di inondazioni in una zona ad "elevata probabilità", proprio sulla golena del fiume Tevere. In particolare la mancata demolizione di un capannone che la Provincia aveva inizialmente ordinato di abbattere perché troppo vicino agli argini: 5 invece che 10 metri. Secondo gli inquirenti l’immobile avrebbero fatto "sorgere e persistere un pericolo di inondazione e comunque ne avrebbe aggravato gli effetti tanto da prevedere potenzialmente un’erosione dell’argine con timori per l’incolumità pubblica". In questo segmento di indagine Lucci, dirigente del settore amministrativo della Provincia, è accusato di aver attestato circostanze false e, in particolare che "il manufatto" da abbattere" si trovava a una distanza di 9,20 metri dall’argine" quando invece – secondo i carabinieri – risulta essere realizzato ad appena 5 metri. Così "consentendo alla società di ottenere lo svincolo del manufatto dalle opere da demolire".

L’indagine dei Forestali – coordinata dal pm Angela Masiello – aveva portato nel novembre del 2020 al sequestro. Di lì gli ulteriori accertamenti che – secondo la ricostruzione accusatoria – coinvolgono gli indagati.

Sono difesi dagli avvocati Piero Melani Graverini, Michela Innocenti, Mauro Messeri e Maria Cristina Salvini e hanno venti giorni di tempo per difendersi.

Adesso le autorità competenti dovranno occuparsi della bonifica dell’area.