
Ritrovato morto dopo 10 giorni Era nel greto di un torrente Storico antiquario della Fiera forse ucciso da freddo e stenti
"Un giovane arriva qui solo dopo ore di cammino": un conoscitore di quel bosco sgrana gli occhi davanti al greto delle Chiassacce, il torrente che attraversa la Contea. Bruno Albiani era lì, riverso a ridosso del corso d’acqua. Quasi sicuramente ucciso dal freddo e dagli stenti. A ritrovarlo è stato un pescatore, di quelli che nella zona si avventurano per la pesca delle trote. Un epilogo ormai quasi inevitabile. Le squadre di soccorso hanno lavorato senza sosta per giorni: ma quel bosco è un groviglio dantesco di rovi e di spini, e ogni angolo poteva essere quello fatale. Neanche i cani erano riusciti a individuarlo, forse proprio perché a ridosso di un corso d’acqua. Ieri, nel tardo pomeriggio, il drammatico annuncio. "C’è un cadavere alla Contea".
Tutti hanno intuito subito di chi si trattasse, anche se la certezza è arrivata solo una volta raggiunto. Lui, uno storico pioniere della Fiera, tra i banchi dai tempi di Ivan Bruschi, fianco a fianco con il cognato e compagno di avventura Giovanni Papini. Un tandem che ora si è spezzato.
Era scomparso nella serata del 15 aprile. La macchina lasciata al cimitero della Chiassa Superiore, poi la marcia a piedi per andare a cercare gli asparagi. La ricerca si era concentrata a lungo intorno alla Chiassa, anche alla luce dell’età dello scomparso, 83 anni. Ma in realtà si era spinto molto oltre: tre chilometri e 800 metri dividono quel greto dal parcheggio. E sono chilometri di quelli faticosissimi, quasi tutti nel bosco, qua e là con dislivelli improvvisi tra le radici.
Ma Bruno era un uomo di resistenza: e anche un vecchio cacciatore, per questo quell’area gli era particolarmente familiare. Sul posto alla segnalazione sono arrivati subito i vigili del fuoco, che hanno condotto con decisione le ricerche dall’inizio di questa avventura purtroppo senza lieto fine. Insieme a loro i volontari della Racchetta e altre forze.
Le cause esatte della morte sono appese alle ipotesi. Ma ipotesi robuste. Perché Albiani aveva continuato a chiedere aiuto fino a quando gli aveva retto la carica del cellulare. Via via anche indicando cosa vedeva, per provare a guidare i soccorritori. Quindi l’ipotesi di un malore improvviso non reggeva e non regge.
Quasi inevitabile che a piegarlo siano state le condizioni avverse. Le notti all’addiaccio, soprattutto le primissime ancora fredde, gli stenti,magari la paura. Che hanno finito per allentarne la resistenza, il fisico forte.
Una fine ormai annunciata ma tremenda per la famiglia, moglie e figlia in testa, che fatalmente speravano ancora in un "miracolo", quello al quale le persone care si affidano sempre fino all’ultimo. Specie chi come la figlia l’aveva sentito per ultima: era stata lei a chiamarlo intorno alle 18 di quel sabato, per sapere dove fosse finito. Si era sentita dire che si era perso. Da quel momento i vigili del fuoco avevano continuato a contattarlo fino alla resistenza della batteria del cellulare. Poi più niente. Solo le faticosissime ricerche in un bosco proibitivo e le resistenze che gradualmente si attenuano. Lasciando un vuoto pesante nella famiglia. E uno enorme anche nella Fiera, della quale era tra i protagonisti da oltre 50 anni. E che all’edizione di maggio, la prossima, si ritroverà più povera e più triste.
Alberto Pierini