Condannato a un anno e dieci mesi per evasione fiscale. Un’altra sentenza inchioda Antonio Di Stazio, il vigilante della Securpol già condannato a tre anni e nove mesi in secondo grado per il maxi colpo da oltre 4 milioni di euro del luglio 2016. Di Stazio era sparito con un furgone pieno d’oro in circostanze mai chiarite fino in fondo, si rifece vivo a Lucca senza sapere come giustificare la sparizione del carico multimilionario. Alla luce della sentenza definitiva il Fisco, attraverso la guardia di finanza, ha battuto cassa per una cifra che (considerando interessi e sanzioni) tocca quota 1,9 milioni. Soldi che Di Stazio, difeso dall’avvocato Cristiano Cazzavacca, ripete di non aver mai visto. Ma il giudice Giorgio Margheri è andato addirittura al di là della richiesta del pubblico ministero Michela Rossi che aveva chiesto un anno e otto masi: la sentenza letta ieri in aula dal magistrato prevede due mesi in più.
La storia risale a un lunedì di luglio di sette anni fa. Quel giorno sparisce un furgone blindato della Securpol dopo aver fatto il consueto giro delle aziende orafe per ritirare gli scarti della lavorazione di giornata. Lì per lì si pensa a una rapina: il mezzo viene ritrovato dai carabinieri su una strada di Badia al Pino che conduce all’area di servizio dell’Autosole. Diventano decisive le immagini delle telecamere di sicurezza dell’ultima azienda del giro quotidiano. Nei video si vede Di Stazio che se ne va col furgone dopo aver lasciato il collega che deve ritirare gli scarti. Il conducente si era volatilizzato con il carico d’oro che ha consegnato nella strada che conduce all’area di servizio, fuggendo poi insieme ai complici.
Dopo cinque giorni Di Stazio ricompare a Lucca: "Ho vagato per la Toscana – raccontò ai carabinieri – ho dormito sulle panchine delle stazioni". Ma sui particolari del furto il vigilante oppone un silenzio impenetrabile. Inevitabile la reclusione in carcere e la successiva condanna.
Di Stazio sarà l’unico a pagare per il colpo, l’unico a essere condannato nei due gradi di giudizio: tre anni e nove mesi la sentenza definitiva. Quando l’ex guardia giurata ha scontato la pena, in parte ai domiciliari, arriva un’altra mazzata ad aspettarlo: la denuncia per evasione fiscale. La legge prevede che vadano dichiarati anche i redditi illeciti. L’Agenzia delle Entrate addebita a lui l’intero ammontare del colpo, architettato probabilmente con dei complici che si sono poi volatilizzati. L’avvocato Cazzavacca aveva chiesto l’assoluzione perché gli imputati non possono essere obbligati a fare dichiarazioni autoindizianti: dichiarando i 4,2 milioni al fisco, Di Stazio si sarebbe implicitamente accusato anche del colpo. Il giudice lo ha invece condannato a una pena più severa rispetto a quella dell’accusa: la pena è stata commutate nei lavori socialmente utili.
Federico D’Ascoli