
vescovo
Arezzo, 8 agoato 2017 - “La festa di San Donato è un dono bellissimo per tutta la Chiesa diocesana, perché ci aiuta a misurarci con il grande evangelizzatore e patrono, per rileggere la nostra identità nel tempo presente”. Con queste parole - pronunciate all’inizio dell’omelia della Santa Messa stazionale, celebrata in Cattedrale - S.E. mons. Riccardo Fontana ha sintetizzato il significato profondo dei festeggiamenti in onore del Santo Patrono della nostra Diocesi.
“Il Vescovo Donato – ha continuato il presule - è l’esempio di quale misura è chiesta anche a ciascuno di noi per dirsi ed essere riconosciuto cristiano. Il Vescovo lo fece usque ad sanguinis effusionem. Altri nostri aretini hanno fatto come lui nel corso dei secoli. Penso agli esempi luminosi della nostra Chiesa aretina, come don Alcide Lazzeri, il prete di Civitella, che contrattò con le SS, dando la propria vita in cambio di quella del popolo. Ottenne di essere barbaramente ucciso per primo, senza riuscire a salvare gli altri uomini del paese. Tra gli assistenti dei gruppi giovanili, non vorrei che Arezzo dimenticasse Don Tani, che, pur di salvare i propri ragazzi, per ventidue giorni di tortura non rivelò dove fossero, e poi una scarica di mitra lo soppresse nel carcere di San Benedetto di Arezzo, senza che riuscissero a sapere dove erano i ragazzi del gruppo”.
Esiste anche un martirio dei giorni nostri: incruento ma non per questo meno doloroso e altrettanto radicale. Ed hanno lasciato testimonianza: “Mi riferisco a quei padri e madri di famiglia, che hanno cresciuto figli e nipoti, lasciando nella memoria non solo di casa, ma anche di quanti li conobbero un segno credibile di umanità significativa e di fede intrepida”.
Continua il vescovo Riccardo: “Resistere alle difficoltà è proprio del martirio, ma lo è anche ascoltare tutti senza cedere alle contestazioni talvolta malevole. Andare in cerca del consenso e dell’applauso non è la misura di San Donato”.
“Misurarsi con San Donato vuol dire impegno, anzi misurare il proprio impegno, è chiedersi, all’interno di ogni comunità, quale ruolo e incidenza i nostri laici hanno nei processi che li riguardano come fedeli, nella vita pastorale, che è fatta di Annunzio, Celebrazione e Testimonianza – ha continuato il presule. In tutte e tre queste dimensioni è necessario un pieno coinvolgimento di ciascuno dei fedeli, uomini e donne. Certamente, l’annunzio del Vangelo fatto fai laici deve liberarsi dal clericalismo, e usare lo stile che è proprio delle relazioni nel nostro tempo. Perfino la Divina Liturgia deve rispettare il principio della sussidiarietà, cioè nessuno deve usurpare lo spazio riservato all’altro. Il Vescovo, il prete e il diacono hanno compiti specifici, che vanno rispettati da tutti, ma anche i catechisti, i cantori, i musici, i lettori debbono avere competenza ed esercitare la loro funzione. La testimonianza della carità è materia che raccoglie davvero tutti”.
Ed il laicato? “Occorre anche domandarci quale la partecipazione del laicato alla vita diocesana. La Chiesa sussiste attorno al successore degli Apostoli, a San Donato e ai suoi successori. La tentazione di far da sé affligge ogni parrocchia, ogni movimento e ogni associazione, ma San Donato ci insegna a rimettere insieme i cocci di ogni calice infranto dalla malizia del diavolo, che divide”.
Non poteva mancare un riferimento al prossimo Sinodo a cui la chiesa aretina-cortonese-biturgense si sta preparando da vari mesi: “Andare a Sinodo significa avere coraggio di richiedere a tutti di ridarci fiducia. Le devozioni appagano solo una parte della società aretina, ma non coinvolgono la maggioranza della gente di questa città, nel rafforzare la vita di fede. San Donato, che curò la cieca Siranna, ci aiuti a interiorizzare. Meno apparenza, e più scelte cristiane se vogliamo che la generazione nuova, in terra di Arezzo, abbia il senso di Dio e il gusto di fare Chiesa”.
La fede non si esprime nel conformismo. La Tradizione è una cosa santa. “È quanto ricevemmo, attraverso le generazioni, che ci ricollega a Gesù stesso. È ciò che ci è stato tramandato, e che per ciò stesso è essenziale. Le tradizioni sono usi e costumi, introdotti nel tempo, e che possono variare, e anzi, talvolta, lo devono. Se vogliamo aprire un dialogo serio con chi non frequenta ordinariamente la Chiesa, dobbiamo liberarci dalla paglia perché risplenda l’oro. Sono entrambi gialli, ma di tonalità diversa. E anche di valore diverso”.
E ancora: “La verità non è frutto del conto di maggioranza. Il Martire Donato ci insegni a resistere alle mode del tempo, a informarci sugli eventi di Chiesa, attraverso cronache più o meno fedeli degli media, che fanno bene il loro lavoro, se funzionano come specchi, riflettendo la realtà come si manifesta, ma, a volte, ragioni ideologiche, fanno deformare la stessa realtà”.
Ancora un pensiero al laicato: “Il ruolo dei fedeli laici nel processo identitario della nostra Chiesa va rivisto; è necessario interpellare le persone, ma anche le parrocchie e le comunità a chiedersi quale sia l’apporto al bene delle parti all’insieme, dei singoli al bene comune. Sul Sinodo, che è un cammino di ricerca da fare insieme, per ritrovare ciò che ci unisce, e mediare ciò che divide, invochiamo l’intercessione di San Donato, e cerchiamo di imitarne l’esempio”.
Per concludere una invocazione all’intero popolo aretino: “Gli antichi dicevanoSanctus Donatus seu Arretium. Aretini che mi ascoltate, è ancor vero che la nostra identità nasce dal confronto con San Donato?”.
E’ ormai tradizione invalsa che, in occasione della S. Messa stazionale che conclude i festeggiamenti in onore di S. Donato, siano rese note le nomine dei nuovi Parroci della Diocesi e di coloro, sacerdoti e laici, incaricati di ministeri e servizi particolari nella Chiesa diocesana:
don Josè Disney Torres Gonzales
parroco di Levanella
don Albert Facely Millimouno
vicario parrocchiale di Laterina
don Didier Beasara
parroco di Ortignano-Raggiolo
don Ernesto D’Alessio
proposto di Bibbiena
don Radoslaw Gulba
vicario parrocchiale di Anghiari
don Bonaventura Anaike
vicario parrocchiale di Rassina
don Rube Mansilla De la Torre
parroco di Talla
don Antonio Sascau
coparroco di Pieve a Socana
don Simeon Ench Ezennia
vicario parrocchiale di Foiano
don Daniele Leoni
parroco del Pozzo della Chiana
don Decio Tucci
amministratore parrocchiale di sant’Andrea a Pigli
don Piero Mastroviti
vicario parrocchiale di Castelnuovo Berardenga
don Stefano Sereni
parroco di santa Firmina
don Richard Kululu Mompalwo
vicario parrocchiale di Capolona
don Athanase Kono
vicario parrocchiale di Le Ville di Monterchi
don Michal Piotr Zbrojkiewicz, S.A.C.
parrocchia di San Leo
don Michal Gòrski, S.A.C.
parrocchia di San Leo
padre Raffaele Minniti
parroco dell’Unità pastorale di Santa Maria in Gradi e San Domenico
don Armando Bazzicalupo
vicario parrocchiale dell’Unità pastorale di Santa Maria in Gradi e San Domenico
don Arkadiusz Siergiejuk
vicario parrocchiale in Valdambra
don Josè Enrique Salgado
vicario parrocchiale di San Niccolò in Soci e Casanova
Dopo aver ricevuto la rinuncia al servizio in qualità di vicario generale da parte di mons. Gioacchino Dallara, ininterrottamente tenuto per quindici anni, il vescovo Riccardo lo ha profondamente ringraziato e nominato responsabile del Cenacolo di Montauto.
Successivamente il vescovo Riccardo ha annunciato la nomina di don Fabrizio Vantini a vicario generale della Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro.
Don Fabrizio Vantini, nato l’11 marzo 1977, è casentinese di Chitignano. Attuale parroco di san Niccolò a Soci, è vicario episcopale della Zona Pastorale casentino, vicario foraneo dell’Alto Casentino, assistente dell’Azione Cattolica diocesana oltre ad altri incarichi. Licenziato alla Pontificia Università Gregoriana in Storia della Chiesa, insegna all’Istituto di Scienze Religiose Beato Gregorio X ed è autore di varie pubblicazioni in materia.
Alla celebrazione in Duomo hanno partecipato i sacerdoti della nostra Diocesi e per sottolineare l’universalità della figura di san Donato e lo spirito ecumenico, proprio della nostra Diocesi, non è senza significato che abbiano partecipato alla celebrazione eucaristica anche rappresentanti di altre confessioni, tra cui: il proto presbitero della chiesa di Costantinopoli padre Octavian Tumuta della Chiesa ortodossa romena di San Giovanni Battista in San Bartolomeo ad Arezzo, padre Oleksander Volodymyrovych archimandita della Chiesa Russa Ortodossa, padre Thomas della chiesa ortodossa indiana e vari laici della chiesa ortodossa ucraina, serba e russa.