SIMONE
Cronaca

Scienza, arte e la voglia di essere ingannati. I draghi volanti dell’abile Leone Tartaglini

La sua maestria si espresse nella produzione difigure mitologiche che però combinavano semplicemente pelle di pesce e altri materiali

La sua maestria si espresse nella produzione difigure mitologiche che però combinavano semplicemente pelle di pesce e altri materiali

La sua maestria si espresse nella produzione difigure mitologiche che però combinavano semplicemente pelle di pesce e altri materiali

De FrajaLa scienza, l’arte e la voglia di essere ingannati: il caso di Leone Tartaglini da Fojano

Nel cuore del Rinascimento, un’epoca in cui il confine tra realtà e immaginazione era spesso sfumato, emerge la figura enigmatica di Leone Tartaglini, erborista, chirurgo e maestro di artifici. In una lettera indirizzata a Ulisse Aldrovandi nel dicembre del 1571, Tartaglini esordì con tono ironico: "Dalla vostra, vedo che Vostra Eccellenza vuole fare di me una cannella da un rovo, una balena da una sardina, e un elefante da una mosca". Queste parole, tanto provocatorie quanto emblematiche, riflettono l’ingegnosità e l’ambiguità che caratterizzavano il suo operato. Ma chi era Leone Tartaglini cui fa cenno anche Ugo Viviani tra i personaggi celebri di Foiano della Chiana? Sulle sue tracce e le sue apparentemente pregiate opere di “assemblaggio zoologico", oggi esposte in alcune collezioni, si mise, nel 1914, Achille Forti ed uno studio di Valentina Pugliano, in una raccolta sul tema, approfondisce qualche tratto.

Leone Tartaglini, Mastro Leone, o come il Forti rintraccia in certa corrispondenza “Leo Folianus” ovvero “noto Leo Foglianus”, nato in Toscana e attivo a Venezia tra il 1550 e il 1576, Tartaglini si descriveva come “erbolajo e chirurgo”. La sua bottega in Piazza San Marco a Venezia era celebre per la vendita di rimedi miracolosi, tra cui una polvere contro i vermi intestinali, tanto efficace da meritare un monopolio temporaneo concesso dal Senato veneziano. Le sue preparazioni, spesso create con erbe coltivate nel giardino di Murano, combinavano la scienza erboristica con una buona dose di teatralità. Non si limitava solo alla vendita di farmaci: Tartaglini era anche un prolifico autore di opuscoli. In uno di questi trattati, interamente autofinanziato, esplorò la natura del sonno e incluse ricette per curare disturbi comuni come verruche, rogna e morsi di cane.

La sua figura teatrale, resa ancora più iconica da un corvo appollaiato sulla spalla mentre prediceva sventure, venne immortalata da Tommaso Garzoni nel suo catalogo delle professioni del 1585. Garzoni lo scherniva, affermando che Tartaglini avesse ricevuto il suo “dottorato” nella modesta località di Lizzafusina, vicino alla laguna veneziana. Tartaglini si guadagnò una reputazione nei circoli di storia naturale come fornitore di esemplari rari, spesso provenienti dall’Adriatico. Tuttavia, il suo vero talento risiedeva nella creazione di artefatti zoologici straordinariamente credibili. La sua maestria si espresse soprattutto nella produzione di basilischi e draghi volanti (draco volans), creature mitologiche che combinavano pelle di pesce e altri materiali.

Questi artefatti arricchirono le collezioni di naturalisti illustri come Ulisse Aldrovandi a Bologna e Francesco Calzolari a Verona. Un basilisco fabbricato da Tartaglini, appartenente a Calzolari, è ancora visibile nel Museo di Storia Naturale di Verona. Un altro esemplare potrebbe far parte della collezione del Museo di Storia Naturale di Venezia. Questi manufatti, a differenza delle idre principesche considerate semplici invenzioni, erano repliche credibili di creature che si credeva realmente esistessero in regioni lontane come Libia, Egitto ed Etiopia. Il basilisco, descritto da Plinio il Vecchio e corroborato dai resoconti di viaggiatori come Pierre Belon, era temuto per il suo respiro letale e lo sguardo capace di sottomettere ogni creatura.

Che il Tartaglini sia stato geniale e preciso nella composizione di animali mitologici ma la cui “coda” del medioevo attendeva ancora una risposta concreta lo dimostrano la povertà dei materiali usati e l’abilità compositiva. Ad esempio il “Draco ex raia effictus” della collezione Moscardo, ottenuto proprio da sapiente manipolazione delle parti animali di una razza chiodata dette il via ad una produzione parallela di “mostri”, cioè oggetti strani da mostrare, durata sino a pochi decenni orsono: una semplice forma di manipolazione di “diavolo d’acqua” è presente anche a casa Bruschi in Arezzo. Il Museo Moscardo indicata proprio il “basilisco” come creato dalla fantasia e dalle mani dell’uomo. Trattati sulla mitologia e l’alchimia dal XIV al XVII secolo immaginano animali favolosi che, nella fantasia dell’uomo, divengono mostruose creature dotate di poteri magici. Se non si trovano in natura, ecco pronti abili artigiani che li creano per soddisfare il bisogno del magico e del fantastico ed il desiderio di tanti collezionisti di cose naturali. Il basilisco dei miti è infatti un animale ottenuto per manipolazione e mummificazione di un pesce cartilagineo (Raja clavata) che vive nei nostri mari.

Nel Cinquecento, l’ascesa della storia naturale fu accompagnata dalla creazione di collezioni che miravano a esplorare le verità del mondo fisico. Questi theatrum rerum naturalium non si limitavano a rappresentare l’eccezionale o il raro, ma includevano anche oggetti comuni e utili: un cavolfiore elegante, la pelle di una lepre cacciata nei boschi, o esemplari più manipolati. La fabbricazione di questi oggetti non si fermava alla semplice conservazione. Le collezioni presentavano regolarmente falsi credibili, come draghi, mostri marini e creature mitologiche. Tra i pezzi più richiesti c’erano idre multi-teste, uccelli del paradiso privati delle zampe e mandragore antropomorfizzate. Ulisse Aldrovandi possedeva persino due rospi a cui erano state attaccate code di serpente.

Non tutti questi oggetti erano semplici frodi. I naturalisti ricorrevano a composizioni artificiali per rendere gli esemplari più realistici o per intrattenere il pubblico. La figura di Leone Tartaglini incarna un periodo storico in cui la curiosità scientifica si fondeva con l’arte dell’inganno. I suoi manufatti zoologici non solo alimentavano l’immaginazione di collezionisti e studiosi, ma mettevano anche in discussione i confini tra natura e artificio. In un’epoca di scoperte e invenzioni, Tartaglini rappresenta un esempio emblematico di come l’uomo del Rinascimento abbia utilizzato la sua creatività per esplorare e reinterpretare il mondo naturale.