Salvatore Mannino
Cronaca

Scuola, resta tutto come prima: bus alle 8.30, caccia ai nuovi mezzi

Il prefetto: i trasporti si organizzino. Buona volontà di presidi e provveditore ma non ci sono i mezzi per i turni. Rischio assembramenti, su un mezzo anche più di 40 passeggeri

Persone sui mezzi pubblici

Arezzo, 18 dicembre 2020 - Cambiare tutto perchè tutto rimanga come prima, in stile Gattopardo? No, non cambiare niente in modo che sia più facile raggiungere l’obiettivo del tutto che rimane come prima. E’ la soluzione partorita dal tavolo provinciale, coordinato dal prefetto Anna Palombi, sui trasporti scolastici. Ai paroloni sui turrni d’ingresso e d’uscita dalle lezioni segue la parola d’ordine del ricominciare dal dove eravamo rimasti.

La prima indicazione alle aziende di trasporto è infatti semplicissima: organizzarsi in funzione di un’entrata in classe che resta fissata alle 8,30. Per tutti o quasi. Unica modestissima eccezione alcune scuole superiori valdarnesi che si dicono disposte a sfalsare i tempi di un quarto d’ora in più o in meno.

La montagna che partorisce il topolino perchè se è vero, come in tanti dicono, che il contagio della seconda ondata era risorto non dentro le classi, dove tutti stanno a debita distanza, ma nel tragitto da e per le lezioni, il 7 gennaio (data fissata per la ripartenza dela scuola, ammesso che lo sia davvero) gli studenti saranno esattamente al punto di partenza: ammassati (sia pure alla metà della capienza) dentro i bus e alle fermate.

La paura della terza ondata, quella di gennaio, che paralizza il Natale e induce al governo a pensare di fermare pure lo shopping del’ultimo week-end prima del 25 non incide sul corpaccione semiparalizzato della scuola nè sulle scelte dei protagonisti, dai grandi decisori provinciali ai presidi. Quello che pareva un primo riflesso di rinnovamento, la disponibilità di tutti, anche degli istituti superiori, a sfalsare gli orari si infrange su mille difficoltà, che fustrano anche la proposta partita dal presidente di Tiemme, Massimiliano Dindalini, e dai dirigenti delle altre aziende di trasporto: mettere due ore di distanza fra gli ingressi in classe, in parte alle 8 e in parte alle 10.

Niente da fare. Ci vorrebbero i soldi per organizzare un servizio di mensa dentro gli istituti e non ci sono, ci vorrebbero quelli per pagare gli straordinari del personale non docente che deve tenere aperte le scuole e non ci sono. Di doppi turni al pomeriggio non se ne parla nemmeno. Si potevano fare, negli anni del miracolo economico, per far fronte alla grande ondata del baby boom, ma non si possono più fare nell’Italia del 2020.

In queste condizioni, il prefetto Palombi prende atto della buona volontà dei presidi (che hanno organizzato fra l’altro un censimento accurato delle esigenze dei loro ragazzi) e di quella del dirigente scolastico provinciale Roberto Curtolo, che però diventa paralisi quando si tratta di diventare organizzazione concreta, e chiede alle aziende di trasporto di strutturarsi in prima battuta per un orario d’ingresso unico che rimane alle 8,30.

Sono in grado di reggere all’impatto e di trovare i bus necessari? Alla fine, la risposta di Dindalini & C. è positiva nelle intenzioni: ce la possiamo fare, con 40 mezzi in più rispetto all’ordinario, che poi diventano 13, visto che 27 in più c’erano già al ritorno in classe di settembre. Sono già state sondate le società di trasporto privato che hanno dato la disponibilità a mettere a disposizione i loro pullman turistici fermi per la paralisi dei viaggi. L’ultima parola tocca ora alla Regione.

E’ una scelta che risolve i problemi del trasporto scolastico, sia pure accompagnata dalla riduzione, già in atto, della capienza al 50 per cento e della presenza a scuola al 75 per cento? Giudicate un po’ voi con un esempio: in un bus urbano possono viaggiare, sia pure a metà, una quarantina di passeggeri. Per rispettare la distanza di un metro, di cui infatti è prevista dal governo la deroga, ci vorrebbero mezzi da venti metri o giù di lì.

Potenzialmente, dunque, ci stanno gli ammassamenti come prima, al pari degli assembramenti alle fermate. Lì, alcuni Comuni, fra cui Arezzo, ipotizzano i tutor volontari per disperdere le folle degli studenti. Per carità, tutto fa brodo, ma basta per tornare a scuola in sicurezza?