
Scuola, via il certificato In classe senza medico La preside: "Perplessi Così decidono i genitori"
E’ solo questione di giorni. Dal 23 marzo addio al certificato medico per tornare in classe. Una "rivoluzione" già attuata in diverse regioni d’Italia e a breve operativa anche in Toscana. La nuova norma stabilisce che i certificati medici per il rientro a scuola non sono più necessari neppure dopo cinque giorni di assenza continuativa.
Il presidente della Toscana Eugenio Giani ha promulgato la legge, approvata all’unanimità dal Consiglio su proposta della giunta. Giusto il tempo della pubblicazione sul Bollettino ufficiale, poi entrerà in vigore. "Si tratta di una norma che semplificherà la vita alle famiglie, ma che non crea rischi per la salute pubblica e in classe degli studenti malati. Gli interventi di profilassi necessari, in caso di epidemie o malattie diffusive e pericolose, saranno infatti messi in atto indipendentemente dal certificato medico", assicura Giani. Sulla stessa lunghezza d’onda i medici secondo i quali la maggior parte delle malattie infettive si trasmettono già dal periodo di incubazione e, più raramente, durante la convalescenza. E’ proprio sulla base di studi e pareri della comunità scientifica che la giunta regionale ha deciso di proporre l’abolizione del certificato.
Fin qui la novità normativa. Ma a questo punto chi è che decide quando è possibile tornare in classe dopo una malattia? Sono i genitori, in prima battuta, a valutare la situazione, certo con l’ausilio del pediatra o del medico di base ma di fatto, saranno loro a stabilire quando e se il figlio potrà varcare di nuovo la soglia della scuola. Una condizione che nel mondo scolastico non trova la stessa granitica certezza dell’ambito sanitario.
"L’elemento importante, alla luce di questa novità e posto che noi non siamo medici, è lavorare per accrescere la responsabilità nei genitori dei ragazzi perchè è affiidata a loro l’esclusiva responsabilità di valutare le condizioni di salute del figlio. Un aspetto che, per il momento, ci lascia perplessi. Certamente la norma introduce una semplificazione burocratica importante, ma di fatto rappresenta un’attribuzione di responsabilità a persone che non hanno una formazione sanitaria, ovvero genitori e docenti", spiega Iasmina Santini al timone dell’istituto comprensivo "Martiri di Civitella", a Badia al Pino. Secondo la dirigente scolastica c’è bisogno di "aiutare le famiglie e sensibilizzarle in modo da evitare di far rientrare i ragazzi in classe quando non sono completamente guariti". E chi si incarica di "formare" i genitori?
"Noi possiamo solo indicare loro la via da seguire, ma è chiaro che in questo caso il rischio è che si creino esigenze confliggenti: da un lato l’interesse primario e legittimo dei genitori che lavorano, a mandare il figlio a scuola; dall’altra la necessità di una sicurezza dal punto di vista della salute pubblica che riguarda tutti". La preoccupazione maggiore, ad esempio, va oltre il recinto entro il quale si muove la legge e riguarda la possibilità che un ragazzo resti a casa per dieci giorni senza che il genitore abbia piena contezza delle sue condizioni di salute, fino al giorno in cui decide che può tornare a scuola.
Si vedrà all’atto pratico dell’entrata in vigore della nuova norma regionale, fatto sta che dubbi e perplessità nel mondo della scuola, per ora ne accompagnano il posizionamento sul trampolino di lancio.
LuBi