È lei, la stessa donna che nella ormai storica giornata di Rondine davanti all’intero governo si identificava con una "farfalla gialla", il volo sopra il filo spinato, segno di una libertà più forte del campo di sterminio. È lei stavolta con le mani aperte, il sorriso disteso, sulla riva del mare. Lei, Liliana Segre. Il manifesto del film che ricostruisce la sua vita e insieme entra tra le pieghe della sua storia già campeggia, insieme al trailer, che la vede protagonista. Un docufilm e nello scenario più prestigioso: la Festa del Cinema di Roma.
Liliana sarà lì e lì ci sarà una buona rappresentanza di Rondine, guidata dal presidente Franco Vaccari: domenica 20 ottobre, alle 16.30. Nella Sala Petrassi, la stessa sala della cerimonia di premiazione: è guidata ogni anno da Geppi Cucciari e lei sarà anche nel film, tra mille volti noti. E Rondine. Il regista Ruggero Gabbai ha scandagliato la cittadella e i suoi protagonisti. Nella terrazza verso l’Arno, quella che un tempo era una tranquilla residenza privata per gli svizzeri in vacanza e ora è parte integrante del progetto. Un progetto che dopo essere sbarcato alla Mostra Cinematografica di Venezia, con lo stesso Vaccari a lungo intervistato all’Excelsior, un’altra terrazza ma dei vip da Fellini a oggi, ora punta la zona Parioli. Liliana sarà lì con tutta la famiglia: già la sinossi del film, riassunta nel programma dell’evento, vede in prima fila i tre figli, Alberto, Luciano e Federica. Alberto in particolare è l’uomo di Rondine, a lui la mamma ha affidato il compito di seguire l’associazione alla quale ha voluto lasciare la sua eredità morale, il suo messaggio. Il suo volto e quello degli altri si andranno ad incrociare con personaggi di grido: Enrico Mentana, Ferruccio De Bortoli, Fabio Fazio, Mario Monti. Scelti dal regista tra quanti via via si sono innamorati della testimonianza di Liliana, alcuni dei quali già saliti in più occasioni nella Cittadella. Liliana che aveva lasciato al borgo la sua testimonianza: senza immaginare, allora, che sarebbe risuonata sul grande schermo. I particolari sono appesi alla proiezione. Il documentario ripercorre le pagine drammatiche di quegli anni, l’arresto la deportazione, l’addio al padre. In una serie di accostamenti serrati, tra la donna che era e la donna che è, tra il racconto storico e il ritratto contemporaneo della senatrice a vita.
Ne esalta la modernità, il messaggio di libertà e uguaglianza. E a raccontarla sono i figli, i nipoti, i personaggi pubblici, i carabinieri della scorta. Perfino nel trailer ricorda quando negava la verità perfino ai figli, per proteggerli da quell’orrore. Che ora affida ad un regista di peso, Ruggero Gabbai: il suo "Memoria", la storia di 90 deportati sopravvissuti, aveva sconvolto e commosso tanti anni fa il pubblico e perfino Montecitorio.
Tra quei 90 c’era anche Liliana, in una sorta di primo tempo della sua vita. Lei, che non è abbastanza ebrea per gli ebrei ed è esclusivamente ebrea per tutti gli altri. Tormentata in queste ore da offese e invettive, quando è da sempre la prima a indicare l’orrore lì dove è, al di là di ogni barriera religiosa, di ogni confine. Il film cerca di disegnare il ritratto di un’Italia che si riscatta interrogandosi sulla complessità della tragedia della guerra, da una parte e dall’altra. Durante le riprese a Rondine c’era una farfalla gialla a volteggiare sul borgo: l’ultima staffetta?