Con la crisi energetica è boom per l’agricoltura biologica. Secondo i dati di Coldiretti, la Toscana sarebbe ai vertici nazionali per il bio che consentirebbe di tagliare di un terzo i consumi energetici attraverso l’utilizzo di tecniche meno intensive: le filiere corte e la rinuncia ai concimi chimici di sintesi prodotti con l’uso di gas. Anche nell’aretino non mancano realtà che hanno fatto del biologico la loro identità. Un esempio è l’azienda agricola Lodola di Foiano. Azienda bio da circa venti anni, "un’agricoltura sostenibile" come la definisce il proprietario Carlo Porcu.
Azienda che non ha dovuto reinventarsi per far fronte alla crisi dilagante, ma che di questa crisi sta risentendo solo a livello energetico, fardello dal quale è praticamente impossibile sottrarsi, non nei campi. Lì non entra nessun concime di sintesi (azotati, fosfatici o potassici), ottenuti con procedimenti fortemente energivori e "l’Italia – ricorda Coldiretti - è dipendente dall’estero per la loro produzione. Va da sé che il costo, aumentato di ben il 170%, non è un problema per chi, come la Lodola, non ne fa uso. L’agricoltura bio, puntando esclusivamente su concimi organici e minerali, evita il ricorso a queste sostanze. "Noi usiamo solo scarti di produzione e risulte di biomassa" spiega Carlo.
Le biomasse sono la parte biodegradabile di tutti i prodotti derivanti dalle coltivazioni agricole e dalla forestazione (compresi i residui delle lavorazioni agricole e della silvicoltura), gli scarti dei prodotti agro-alimentari destinati all’alimentazione umana o alla zootecnia, i residui dell’industria della lavorazione del legno e della carta (purché non trattati chimicamente), i prodotti organici derivanti dall’attività biologica degli animali e dell’uomo. Quindi sostanze naturali e made in Italy, "quasi a chilometro zero", precisa Carlo. "Così si riesce a ridurre i consumi di energia in media del trenta per cento rispetto all’agricoltura tradizionale – sottolinea Coldiretti – ma in alcuni casi, come ad esempio per le mele, si arriva addirittura al -45 per cento". L’asssociazione di categoria aggiunge: "Concimare la terra attraverso l’uso del letame, il compostaggio dei residui organici e anche i residui degli impianti di biogas, favorisce la resilienza delle aziende agricole biologiche regionali e rappresenta un modello produttivo in grado di contrastare la dipendenza da mezzi di produzione esterni alle aziende. Ma, puntando sulla filiera corta, il biologico riduce anche i tempi di trasporto dei prodotti e, con essi, le emissioni in atmosfera, tagliando le intermediazioni con un rapporto diretto che avvantaggia dal punto di vista economico agricoltori e consumatori".
Il risultato? Mai così tanti ettari sono stati coltivati a biologico in Italia con la superficie che nel giro del solo ultimo anno è aumentata del 25% in Toscana secondo l’analisi Coldiretti su dati Ismea. "Coltivare bio e quindi cucinare e mangiare prodotti bio funziona. Farlo vuol dire, prima di tutto, voler bene a noi stessi. Purtroppo non c’è ancora grande fiducia da parte degli italiani, associano la parola bio a prezzi maggiori, ma non è più così" conclude Porcu.
Gaia Papi