Arezzo, 8 giugno 2021 - Cristina ha detto «mamma». E’ stato un attimo e per Mirella, la madre, è come «averla partorita un’altra volta» dice tra le lacrime accanto alla figlia, nella clinica di Zirl, a pochi chilometri da Innsbruck. Cristina Rosi (nella foto), 37 anni, nel luglio scorso è stata colpita da arresto cardiaco al settimo mese di gravidanza. Con lei in Austria c’è Gabriele Succi, 42 anni, marito e padre di Caterina che ora ha dieci mesi.
E’ nata prematura con parto cesareo il giorno in cui a Cristina il cuore si è fermato provocando danni neurologici a entrambe. Madre e figlia non si sono mai abbracciate perché per ciascuna è iniziato un percorso fatto di ospedali, terapie, macchinari per respirare e nutrirsi. Cristina da due mesi è ricoverata nella clinica specializzata in riabilitazione neurologica e sottoposta a un programma con tecnologia robotica.
«I miglioramenti ci sono e gli specialisti sono fiduciosi; Cristina sta reagendo con forza. Gli esami hanno accertato, pur nella gravità del quadro clinico generale, che lei è presente. Altro traguardo raggiunto è la rimozione della tracheo perché mia moglie respira e deglutisce da sola. A breve comincerà il programma di riabilitazione vocale» spiega Gabriele che con la madre di Cristina ha assistito alla prima parola pronunciata dopo dieci mesi di silenzio e si è commosso: «Non ce lo aspettavamo, è stata una gioia vera dopo tanta sofferenza.
Anche i sanitari in stanza con noi, hanno confermato che Cristina ha pronunciato la parola mamma». A Zirl Gabriele ha dato il cambio a Mirella rientrata nella casa di Alberoro dopo sessanta giorni al capezzale della figlia. Una staffetta necessaria a stimolarla ai ricordi, alle immagini della famiglia e del mondo in cui viveva prima di quel maledetto giorno.
«Per aiutarla a ricostruire il contesto familiare e sociale, sono molto importanti le videochiamate con le amiche e i collegamenti con la piccola Caterina. Ogni volta, mia moglie piange» spiega Gabriele. La vicenda di Cristina Rosi ha generato una gara di solidarietà in Valdichiana e nel resto della provincia per garantire le cure, molto costose.
«Per tre mesi nella clinica servono 104mila euro. Finora abbiamo potuto assicurare a Cristina le terapie grazie alle quali è migliorata. Non possiamo fermarci adesso. Mia moglie e mia figlia meritano di tornare a casa nelle migliori condizioni possibili. Faccio appello al buon cuore degli aretini che ci hanno sostenuto». Tra dieci giorni sarà il compleanno di Cristina, il primo del suo lento ritorno.