di Claudio Roselli
Se la filiera del tabacco è a rischio sul versante umbro della vallata, a causa della multinazionale che dopo dieci anni ha deciso di cambiare partner commerciale (e questo potrebbe comportare la perdita di numerosi posti di lavoro), altrettanto non può dirsi per la parte toscana. È la qualità del tabacco coltivato a fare la differenza: se infatti in Altotevere c’è il "bright" (quello da sigarette), in Valtiberina gli agricoltori sono specializzati sul "kentucky", materia prima del sigaro toscano. "Diciamo che noi, sotto questo profilo, dobbiamo ritenerci relativamente più fortunati – afferma Patrizio Pecorari, responsabile comprensoriale di Coldiretti – perché la nostra qualità è di nicchia: con essa si prepara il sigaro e quindi attorno a questo prodotto vi è un proprio mercato, fatto anche di appassionati. C’è insomma una situazione più tranquilla, con la certezza del ritiro del tabacco".
Numeri alla mano, i territori dei tre Comuni di Anghiari, Monterchi e Sansepolcro sono un’autentica "potenza" a livello nazionale: da essi, infatti, proviene il 70% dell’intera produzione italiana di "kentucky", materia prima del pregiato sigaro "Extravecchio". "Semmai – prosegue Pecorari – il problema sta nel prezzo, che diventa non remunerativo quando subentrano gli eventi atmosferici sfavorevoli: mi riferisco in particolare alla grandine. Nell’ultima stagione è andata abbastanza bene, ma nei tre anni precedenti le foglie sono state bucherellate in più di una circostanza dai chicchi ghiacciati. Anche un solo buco, piccolo quanto si voglia, diventa danno, perché una foglia di tabacco non è più utilizzabile come fascia, ma come ripieno, il che comporta per l’operatore un prezzo inferiore. Per il resto – lo sappiamo – il nostro tabacco, quello della Toscana, è il più rappresentato".
Anche a livello di impatto ambientale, la discussione rimane sempre aperta sull’uso di fitofarmaci, tanto che alcune amministrazioni comunali della zona stanno da tempo varando regolamenti in proposito, ma sotto questo profilo la situazione è migliorata? "Senza dubbio sì. Negli ultimi anni – ricorda il responsabile di Coldiretti Valtiberina – il loro utilizzo ha fatto registrare una significativa diminuzione, al di là delle polemiche che ancora investono questa categoria di imprenditori. La sensibilizzazione dei coltivatori c’è stata, anche perché se determinati prodotti nuocevano alla salute, i primi esposti alle conseguenze erano proprio loro, che vivono a più stretto contatto con i campi. Sotto questo profilo, vi è stato un salto di qualità che avrà le sue benefiche ripercussioni anche sull’ambiente che ci circonda".