
di Claudio Santori
Un lenzuolo sacro, il mistero per eccellenza della fede, al centro di un eterno dibattito, dentro la chiesa e fuori. E che resta al Borro grazie al testamento del Duca d’Aosta. Lei, la foto autenticata e a misura reale della Sindone. Sulla sacra Sindone è stato detto di tutto: è stata perfino attribuita a Leonardo che nel 1492 l’avrebbe fabbricata su commissione di papa Innocenzo VIII: ipotesi suggestiva.
Se non fosse che è citata almeno due secoli e mezzo prima della sua nascita e che la testimonianza più antica della sua esistenza risale a un manoscritto del 1205 conservato nella Biblioteca nazionale di Copenaghen, nel quale un crociato, parla di un monastero chiamato Santa Maria delle Blacherne dove era conservato il “sudario di nostro Signore”.
Questo telo costituisce il mistero per eccellenza, la fede vuole che sia il sudario di Gesù Cristo e la scienza (sottoposta al carbonio 14 e all’esame del Dna) non ha mai fornito una prova tale da contraddire in maniera inconfutabile l’autenticità.
Il sudario è conservato nel Duomo di Torino, cui fu donato dall’ultimo proprietario, Casa Savoia. Ma chi avesse desiderio di vederlo non avrebbe che da andare al Borro dove ne esiste una copia a grandezza naturale, l’unica autorizzata, che proprio dai Savoia era stata donata ad Amedeo d’Aosta, già proprietario di quel borgo, oggi, come si sa, acquisito e gestito dalla famiglia Ferragamo. Fra le disposizioni testamentarie il Duca, recentemente scomparso, ha destinato questo prezioso reperto alla chiesetta di San Biagio, appunto del Borro. I Ferragamo, rispettando alla lettera la disposizione, ne hanno curato la collocazione assicurandone la gelosa custodia. "L’opera - spiega il Colonnello Mauro Leoni al quale si deve la divulgazione della singolare circostanza - è stata realizzata nell’anno 1985 da Giovanni Battista Cordiglia, unico fotografo autorizzato a trarre dettagli di immagine della Sindone". La copia è impressionante per la fedeltà assoluta all’originale in ogni minimo dettaglio. È collocata in posizione verticale nella parete destra della chiesetta ed è opportunamente illuminata.
All’occhio attento perfino nella foto il lino presenta caratteristiche identiche ai brandelli trovati a Masada; le monete poste sugli occhi del corpo crocifisso sono del sedicesimo anno di Tiberio, intorno all’anno 30: la concordanza con la data della crocifissione di Gesù è totale; nessun falsario medievale poteva conoscere queste monete, identificate dai numismatici solo agli inizi del secolo scorso. Uno dei fili di questra storia. Che in piccolo passa anche da noi.