
Il delitto della ruspa l’epifania del 2023
Adesso si parte sul serio. I primi ad esser sentiti in aula saranno la moglie e i figli della vittima, di Gezim Dodoli: l’uomo che venne ucciso a colpi di fucile da Sandro Mugnai, mentre era a bordo di una ruspa: gli stava distruggendo casa. Era l’epifania del 2023. Dopo di loro verranno sentiti anche i carabinieri nel nucleo operativo e radiomobile di Arezzo che hanno condotto le indagini all’indomani del delitto di San Polo. I militari del Norm sono i testi scelti dalla pm Laura Taddei che dovranno rispondere alle domande della pubblico ministero davanti la corte d’assise: cioè dinanzi a sei giudici popolari e due togati, tra cui la presidente della sezione penale Anna Maria Loprete. La corte dovrà decidere se condannare Sandro Mugnai, l’artigiano di San Polo accusato di omicidio volontario. Rischia fino a 21 anni.
Tra chi parlerà in aula ci sarà anche il capitano Maurizio Pandolfi che ha coordinato le indagini dei carabinieri insieme ai Ris di Parma che hanno eseguito i rilievi sulla scena del delitto, già alle prime luci dell’alba. Ma il loro turno verrà nelle prossime udienze. Non si tratterà affatto di un processo lampo. Anzi, per usare le parole di un avvocato in causa: "Sarà la guerra dei cento anni". Cento anni no, ma cento testimoni quasi: in totale tra quelli nominati tra procura, parte civile e difesa si arriva a novanta testi.
Una lista infinita che inizierà con quelli dell’accusa e culminerà con quelli della difesa. Tra di loro ci sarà anche Don Natale Gabbrielli, il parroco di San Polo che è anche il presidente del comitato che è nato a sostegno dell’artigiano “Solidarietà a Sandro“. Fin dalla prima ora il prete, che conosce entrambi, aveva preso le difese di chi aveva premuto il grilletto riconoscendo in quel che era successo la trama di una ingiusta aggressione. Tant’è che aveva anche paragonato gli eventi all’episodio biblico di Davide contro Golia, paragonando l’imputato a Davide. In tanti nella frazione dell’alpe di Poti la pensano come il parroco e alcuni di loro, vicini di casa e amici, sono stati chiamati in causa: dovranno testimoniare in aula. Quel che potranno portare con le loro deposizioni riguarderà, più il delitto in sé, una ricostruzione sul clima tra i due, una sorta di desamina del contesto che potrebbe aiutare la corte nella sua decisione.
Ma non solo. Tra i testimoni grande spazio verrà dato anche ai periti, cioè ai consulenti tecnici di parte che hanno studiato il caso e la cui relazione sarà la base della loro deposizione. Va da sé che ogni professionista cercherà di portare avanti la sua parte in causa, confutando quella altrui.
Tra questi ci saranno anche i tecnici della balistica, cioè coloro che hanno passato al setaccio la traiettoria dei proiettili sparati da Mugnai. In base alla relazione dei Ris, l’artigiano avrebbe iniziato a sparare prima che Dodoli iniziasse a distruggere casa; cioè quando si era scagliato contro le auto parcheggiate nel cortile.
Uno scenario diverso rispetto quello che emerse in un primo momento che ha fatto vacillare, anche grazie al lavoro degli avvocati di parte civile, la legittima difesa. Concetto su cui comunque ruota il procedimento anche perché Mugnai, e così la sua difesa, vanno dritti: non c’era altra alternativa che sparava per non morire. E c’è anche una perizia prodotta da questi che attesterebbe che Mugnai non ha sparato prima che Dodoli sferrasse l’attacco. Ma da ora, quel che conta, è quello di cui si convincerà la corte.