LUCA AMODIO
Cronaca

S.Polo, frena la legittima difesa. Si va verso l’omicidio volontario?

Il giudice chiede al pubblico ministero di riqualificare il capo di imputazione. "Primo colpo sparato alle spalle"

S.Polo, frena la legittima difesa. Si va verso l’omicidio volontario?

Il giudice chiede al pubblico ministero di riqualificare il capo di imputazione. "Primo colpo sparato alle spalle"

Tutto da rifare. Sandro Mugnai adesso rischia di andare a processo per omicidio volontario. La notte dell’Epifania del 2023 sparò al vicino che gli stava demolendo casa con una ruspa. Ieri era attesa la sentenza del processo che lo vedeva al banco degli imputati: la Pm Laura Taddei lo aveva accusato di eccesso colposo di legittima difesa. L’accusa aveva chiesto una condanna di due anni e 8 mesi. Ma ieri anziché il verdetto è uscito il colpo di scena dall’aula di Tribunale: il gip Claudio Lara ha restituito gli atti alla Pm per la "riqualificazione del capo di imputazione". Non è una sentenza ma il significato che si legge in filigrana è chiaro: per il Gup è uno scenario da omicidio volontario non da eccesso colposo di legittima difesa (e quindi nemmeno da legittima difesa).

E quindi? Quindi il processo del delitto di San Polo riparte da zero. Anzi riparte da tre: come sono state tre le diverse letture che giudici e Pm hanno dato di un fatto di cronaca destinato a far discutere (come a dirla tutta aveva già fatto). La Gip Giulia Soldini, ormai un anno e mezzo fa, riconobbe la legittima difesa quando ordinò la scarcerazione di Mugnai dopo l’arresto nell’immediato del fatto di cronaca. Di diverso avviso fu la Pm Laura Taddei, titolare dell’inchiesta, che aveva chiesto (e poi ottenuto) il processo per l’artigiano per eccesso colposo di legittima difesa. Capo d’imputazione alla base del procedimento che doveva arrivare al suo epilogo ieri. E invece no: nessun triplice fischio. Con l’ordinanza del Gup la palla torna nelle mani della procura che adesso dovrà riformulare il reato. La Pm non è obbligata a seguire il tracciato del gup ma certo è che la sua decisione circoscrive il margine di manovra.

"Finalmente è stata fatta una parte di giustizia", ha commentato a caldo Francesca Cotani, avvocato della famiglia di Gezim Dodoli che si era costituita parte civile. Già la scorsa udienza gli avvocati avevano spinto per la riformulazione del reato in omicidio volontario, strada che alla fine ha deciso di seguire anche il Gup. "Significa - dice la legale - che tutte le azioni del Mugnai, sia nella fase in cui l’escavatore era vicino alle autovetture sia in quelle in cui era rivolto verso le abitazioni, non sono state riconosciute come legittima difesa". Era il 6 gennaio del 2023 quando scoppiò la lite tra Mugnai e Dodoli che culminò in 8 colpi di fucile sparati all’albaese che intanto era salito su una ruspa con la quale stava distruggendo casa al vicino. Quanto è accaduto in quei minuti è al centro del dibattito: una ricostruzione complessa e controversa. "Nella prima fase è stato sparato un colpo di fucile che non era proporzionato visto che Dodoli era rivolto verso le autovetture e il colpo è arrivato da dietro. I primi colpi sono arrivati da dietro, alla fine sono stati 8", sostiene l’avvocata. E anche nella seconda parte la parte civile ha pochi dubbi: "Anche in quel caso la condotta del Mugnai era sproporzionata rispetto all’azione posta in essere dal Dodoli, oltretutto lo sterzo dell’escavatore mostra che si stava allontando, e significa che poteva essere fermata la sua azione".

La ruspa venne ritrovata dai carabinieri con la retromarcia innestata il giorno del delitto. Ma anche qui le parti in gioco in processo la pensano diversamente. Se per la Pm e la parte civile ciò mostra che la ruspa si stava fermando, per gli avvocati di Mugnai, Piero Melani Graverini e Marzia Lelli, assume un altro significato: Dodoli stava prendendo la rincorsa per sferrare un altro attacco. Questione che dovrà essere sbrigliata in aula. Per ora non c’è una data in calendario: si attende soltanto la decisione della Pm.