di Claudio Roselli
SANSEPOLCRO
Potenziamento delle specialistiche e possibile partnership con Città di Castello. Sono le "ricette" per l’Ospedale della Valtiberina di Sansepolcro uscite dal recente convegno tenutosi nella città biturgense su organizzazione della Lega Valtiberina e al quale era presente anche il vicepresidente del consiglio regionale della Toscana, Marco Casucci. Siccome al centro dell’attenzione vi era il futuro della sanità nel comprensorio, per la trattazione dell’argomento sono stati scelti due tecnici della situazione, ossia due medici. Il primo a intervenire, dopo i saluti iniziali, è stato il dottor Ennio Duranti, ex primario di nefrologia e attuale presidente delle farmacie comunali di Arezzo, il quale ha delineato in apertura il quadro normativo nazionale, evidenziando come sia arrivato il momento di superare la legge Lorenzin del 2015 e di come sia necessario superarla, per poi concentrarsi sulla situazione attuale della Asl Toscana Sud Est, zona di Arezzo, ovvero: quanti posti letto in medicina e in terapia intensiva devono essere presenti e quanti ce ne sono realmente (ben al di sotto della soglia prevista), per poi focalizzarsi sulla condizione attuale dell’Ospedale della Valtiberina e sulle sue carenze al fine di individuare le possibili soluzioni. E qui arriviamo al potenziamento delle attività specialistiche, supportate da una medicina che funzioni assieme a un pronto soccorso pienamente operativo, oppure – in alternativa - la valutazione di una partnership con la vicina Città di Castello. Il dottor Duranti ha inoltre ribadito l’importanza del ruolo delle farmacie, mostrando come possano essere dei presidi importanti per la prevenzione di alcune patologie, allo scopo di evitare un concentramento eccessivo sull’ospedale.
L’altro medico invitato per l’occasione, il dottor Pierdomenico Maurizi, ex responsabile dell’unità di cure palliative di Arezzo e provincia, ha parlato dell’importanza dell’assistenza infermieristica territoriale e di come sia possibile pagare maggiormente i nostri operatori, invece di prenderli da Paesi stranieri e lontani, puntando l’indice sulla necessità che la sanità vada dal cittadino e non viceversa: una rete sanitaria territoriale diviene forte quando fa in modo che gli ospedali non vengano ingessati dai continui accessi, perché i bisogni vengono arginati all’origine. Il dottor Maurizi ha poi sollevato i propri dubbi sulla medicina generale e sul futuro dell’ospedale di comunità, legati al rischio che essi diventino scatole vuote se non si interviene per portare personale.