
Drigo dei Negrita
Arezzo, 12 aprile 2020 - Chiuso in casa, attività ferma, tour sospeso a tre date dalla fine, importanti come Milano, Verona e Bologna. - «Bloccato, all’inizio ero mentalmente bloccato. Mi sono risvegliato solo da poco». Una situazione pesante per Drigo dei Negrita, un creativo, iperattivo, mille passioni e altrettanti interessi, la vita presa di petto, pronto a raccontarsi, disegnare, suonare, esprimere emozioni.
Eppure anche tu hai «subìto» l’effetto coronavirus... «Sì, all’inizio l’ho vissuto male, non mi sono goduto il relax anche perché abitando in campagna e avendo due figli di 15 e 18 anni ho sempre avuto un sacco di cose da fare, sono multitasking, faccio il giardiniere, il muratore, il meccanico. Dove mi giro trovo da fare, che mi arricchisce, che mi nutre. Ma questa cosa l’ho vissuta come un lutto».
Però la creatività piano piano ha ripreso il suo posto... «Sono fortunato ad avere tanti strumenti a disposizione, suono, compongo, registro, ho girato e pubblicato un film su You Tube. Ho consegnato un progetto con altri musicisti legato al virus che uscirà tra breve. Stiamo lavorando con i Negrita per una nuova canzone a tre. E alle serie tv ho preferito arricchire e approfondire i grandi perché dell’uomo cercando risposte, necessarie ora come mai».
Dove cercato le risposte? «Ho studiato le grandi religioni, la nascita e la scomparsa delle grandi civiltà, cercato risposte alle domande che sin da ragazzo mi bombardano la testa, le ho cercate nella Bibbia e in altri testi sacri, ho provato a capire come le altre civiltà hanno affrontato i temi della vita e della morte, come hanno superato catastrofi e guerre. Saperi antichi, straordinari. Ma in assoluto quella che mi affascina di più è la storia del Tibet».
Riesci a guardare avanti? E cosa vedi? «Fra tutte le attività la nostra è la più pericolosa tra file, assembramenti, folle. Dobbiamo trovare risposte e soluzioni. Non ho intenzione di lamentarmi ma lavorare adesso come facevamo prima sarebbe da irresponsabili. Noi che siamo sempre vissuti nel mondo della creatività dobbiamo trovare modi alternativi. Siamo entrati in questa tragedia anche per comportamenti irresponsabili dell’umanità, nella corsa al benessere ce ne siamo fregati del fatto che le nostre abitudini stavano distruggendo il pianeta. Ora stiamo tirando il fiato, dopo il panico è il momento di considerare il post virus».
Qualche idea c’è già? «Ho scritto qualcosa al direttore dell’agenzia che organizza concerti. Se ripartiremo da qui, ci dovrà essere distanziamento, minore pubblico, cosa a cui non eravamo abituati. Impensabile il forum di Assago con 13mila posti, dovremo accontentarci del 30% se va bene, ma senza alzare il prezzo del biglietto».
Cambio cambio cambio, di mentalità, come cantate voi, ma sempre con la musica... «Senza musica non si può. Lo vedo da come sono aumentati i contatti social. C’è voglia di riprendere il dialogo con artisti, attori, registi, pittori, musicisti. La musica di certo guarisce. Sono stato testimone privilegiato di un miracolo e l’ho scritto anche in uno dei miei libri. Ero andato a trovare un mio amico in coma dopo un incidente di moto. Per i medici coma irreversibile. Ero in sala di rianimazione, sconvolto da quello che vedevo, gli misi una canzone, Tunnel of love dei Dire Straits, gli parlai e in quel momento si risvegliò. La musica ha una vibrazione che è invisibile, proprio come il virus, ma la musica guarisce»