Quattro milioni di risarcimento. È quanto spetterà ai 17 parenti delle vittime della strage di Falzano: nella frazione cortonese il 27 giugno del 1944 i nazisti fecero saltare in aria una casa con 12 prigionieri rastrellati a caso tra la popolazione. Solo una riuscì a salvarsi. La sentenza del tribunale civile di Arezzo arriva a 81 anni di distanza e fissa il risarcimento per le vittime e i loro eredi: figli, nipoti e pronipoti, in totale 17 parenti che si sono rivolti al giudice, assistiti dagli avvocati Emanuele Belardi, Eugenio Longo e Gianluca Luongo. Come si legge nella sentenza firmata dalla giudice Cristina Colombo la Germania è stata condannata a risarcire le vittime dei crimini nazisti ma a pagare le somme sarà il Fondo ad hoc istituito dal governo Draghi con i fondi del Pnrr.
La decisione del tribunale è arrivata il 20 gennaio scorso. Nelle conclusioni del giudice si fa riferimento ai procedimenti penali che portarono il caso in tribunale. Già nel febbraio del 2004 il tribunale militare di La Spezia rinviò a giudizio i due responsabili del massacro: l’ex maggiore Herbert Stommel e Josef Scheungraver, all’epoca sottufficiale dello stesso battaglione. Nel processo il Comune di Cortona e la Provincia di Arezzo si costituirono parte civile. Gli imputati vennero condannati all’ergastolo nel 2006 in primo grado e nel 2007 dal tribunale militare d’appello di Roma. Poi, nel 2008 arrivò anche la sentenza del tribunale di Monaco di Baviera. Stessa sentenza: ergastolo.
I fatti discussi in aula sono quelli del 26 giugno del 1944. Quel giorno un gruppo nazista della Wehrmacht (l’esercito del terzo Reich) fece esplodere una casa con undici persone persone catturate e fatte prigioniere. Solo un giovane, Gino Massetti, al tempo quindicenne, riuscii a salvarsi grazie ad una trave caduta poco prima dello scoppio che lo riparò dall’esplosione. Fu grazie anche alla sua testimonianza che in aula, a La Spezia, vennero accertati i fatti nella loro tragicità e le responsabilità penali degli autori.
E proprio da quanto emerso, e appurato, in sede penale che il giudice civile si è rifatto nelle motivazioni della sua sentenza. Il primo dubbio sciolto è stato quello della “legittimazione passiva“ della Repubblica Federale di Germania. Cioè stabilire che lo Stato tedesco di oggi possa rispondere di quanto compiuto dai nazisti. Il quesito, poi sciolto positivamente dal tribunale, si rifà ai pilastri del diritto internazionale che: come stabilito dal protocollo di Londra del 1831 (sì, quasi due secoli fa), "i mutamenti verificatesi nella situazione di uno Stato, non l’autorizzano a ritenersi sciolto dai suoi impegni anteriori".
Da questo presupposto il tribunale civile di Arezzo ha condannato la Repubblica federale di Germania al pagamento dei risarcimenti che, nel loro complesso, arrivano a 4 milioni se si considera tutti e 17 gli eredi che si sono rivolti al giudice. I ristori verranno erogati in verità dal fondo per il ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini contro l’umanità che venne istituito dal Governo Draghi. Si trattò di una soluzione diplomatica adottata grazie ai fondi del Pnrr. Negli anni precedenti la Germania si era sempre opposta ai risarcimenti stabiliti dagli accordi italiani, facendo riferimento agli accordi di Bonn, e sostenendo che l’Italia avesse violato la sua l’immunità giurisdizionale. Nel 2012 la Corte internazionale di giustizia dette ragione ai tedeschi mentre nel 2014 la Corte costituzionale stabilì che l’immunità giurisdizionale non si può applicare agli stati che non abbiano rispettato i diritti inviolabili dell’uomo.
Luca Amodio