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La tragedia all'Archivio
Arezzo, 8 gennaio 2019 - La verità, che qualche ottimista voleva già acquisita al primo giorno della superperizia sull’Archivio di stato dei due morti di settembre, è ancora lontana. Almeno quanto i 90 giorni che il Pm Laura Taddei ha concesso ai suoi tecnici (e di conseguenza anche ai colleghi nominati da indagati e parti civili) per arrivare a capire perchè l’impianto anti-incendio ha ucciso Piero Bruni e Filippo Bagni, i due dipendenti asfissiati dall’Argon non appena giunsero sulle soglie del bugigattolo saturo di gas che ospitava le bombole, al piano seminterrato.
Uno stanzino, sia detto per inciso, nel quale i tre superperiti in questa prima mattina di lavoro non hanno neppure messo piede. Si sono fermati di sopra, nei locali degli uffici per verificare tutte le carte relative all’impianto di sicurezza: quando è stato costruito (nel 1998), quando è stato modificato, a che tipi di collaudi è stato sottoposto nel corso di questi vent’anni.
Una fatica che si è portata via l’intera giornata e che non è ancora terminata: il materiale, infatti, è pressochè sterminato. Gli ingegneri Antonio Turco, Luca Marmo e Luca Fiorentini se lo sono diviso, con l’intesa che torneranno a vedersi fra quasi un mese, il 5 febbraio, per fare il punto sulla situazione. Potrebbe essere quello il giorno nel quale i periti scenderanno finalmente nelle viscere dell’archivio per esaminare il bugigattolo.
E sotto esame non c’è soltanto quello che è successo fino al 20 settembre, il giorno della tragedia, ma anche gli allarmi che hanno continuato a scattare dopo, sempre a vuoto e senza rilascio di gas.
Già, perché’ in quella mattina di tregenda, unica occasione in cui è accaduto in tutta la lunga successione di falsi allarmi andata avanti per mesi, l’Argon si sprigionò davvero dalle bombole? E perchè invece di incanalarsi nei condotti che avrebbero dovuto portarlo fino ai locali in cui sono ospitate le preziose carte dell’Archivio finì per concentrarsi nel bugigattolo del seminterrato?
Sono le domande cui i tre superperiti devono rispondere per conto del Pm Taddei e in esse si condensa gran parte dell’inchiesta per omicidio colposo plurimo della procura. L’altro punto fondamentale è quello relativo al perchè Piero e Filippo scesero giù, perdipiù senza protezione. Nessuno ci ha mai detto che fosse pericoloso, ha spiegato il direttore Claudio Saviotti, uno dei quattordici indagati. La sua sorte giudiziaria e quella degli altri dipende anche da questo, che non è affatto un dettaglio.