LILETTA FORNASARI
Cronaca

Torna a splendere un gioiello della Cattedrale

Completato il restauro della grande crocifissione e della cappella intorno: la storia di un’opera che affonda le sue radici nel Trecento

di Liletta Fornasari

La cappella, che fu lavorata in marmo da Giovanni d’Agostino nel 1334 su commissione di Roberto di Vanni Tarlati, “magnificus miles”, per onorare la memoria del fratello Ciuccio morto nel 1327, condottiero della famiglia di Pietramala, già alla testa dell’esercito che aveva scortato il vescovo Tarlati a Milano per l’Incoronazione del Bavaro, è stata oggetto di un intervento di restauro ben fatto. E presentato ieri davanti al Vescovo Riccardo Fontana e al parroco della Cattedrale Alvaro Bardelli.

Grazie al finanziamento del Rotary Arezzo (presidente Franco Lelli), dell’Inner Wheel Arezzo (presidentessa Ione Marruchi) e dell’Inner Wheel Arezzo Toscana Europea (presidentessa Tiziana Sandroni), la cappella è stata restaurata da Manola Bernini e da Sandro Ceccolini, sia la parte ad affresco, affidata alla prima, sia la parte lapidea, affidata al secondo, compreso il doppio sarcofago. E’ composto inferiormente da una grande urna marmorea,- già nel Duomo Vecchio di Pionta, - eseguita nel 1340 e comunemente chiamata “Deposito di San Satiro” e qui portata nel 1600, e superiormente da un sarcofago di tarda età romana, IV secolo d.C.

Nella cappella sono stati impiegati quattro rocchi di marmo anticato. Deposito e sarcofago furono sistemati nel 1810, su disegno dell’allora vicario generale, Bernardo Cellesi, per volontà del vescovo Agostino Albergotti, con l’intento di onorare i martiri cristiani, i cui nomi sono inscritti sul fronte del “Deposito”: il programma era esaltare la storia della chiesa aretina. Da qui molti spostamenti di opere importanti all’interno della cattedrale, fino al grande affresco nella parete sinistra della cappella Albergotti con la Gloria dei santi aretini dipinta da Giuseppe Servolini.

Nella cappella di Ciuccio Tarlati lo scalpellino Francesco Testi realizzò la cornice in pietra del Deposito, oltre al nuovo coperchio marmoreo del sarcofago. Per il grande affresco, una Crocifissione coi dolenti, con S.Michele Arcangelo e S.Francesco, oltre che Ciuccio Tarlati inginocchiato davanti al Crocifisso, nella parete di fondo, San Donato Vescovo e altri 4 santi, nel sott’arco, S.Caterina d’Alessandria e un santo diacono negli sguanci,-pietra miliare degli studi sul Trecento aretino, per il quale si rimanda al volume Arte in terra d’Arezzo. ll Trecento (2005 con la curatela di Paola Refice e di Aldo Galli), - l’autore è individuato nell’ormai celebre Maestro del Vescovado, artista operante all’interno della committenza tarlatesca. Interessante lo studio che nel 2005 Roberto Bartalini ha fatto del programma iconografico della decorazione: tutto è connesso alla pietas di Roberto Tarlati per il fratello, oltre all’individuare fonti precise come la Liturgia dei morti del Pontificale romano.

Il contratto con Agostino di Giovanni, figlio del noto Giovanni di Agostino, "attraverso un suo donzello senese", avvenne il 28 gennaio 1334 (si vedano anche gli studi di Ersilia Agnolucci e di Silvia Colucci). Il restauro ha eliminato in entrambe le parti lo sporco, oltre alle ridipinture dovute a precedenti interventi, tra cui quello ottocentesco del fiorentino Righi. L’intervento di natura conservativo è riuscito, dando nuova vita ai colori.