LUCIA BIGOZZI
Cronaca

Tra i litiganti la stazione non gode. L’aumento delle corse non arriva e con il nuovo scalo rischio di tagli

Poche Frecce anche nelle direzioni più strategiche, intercity ridotti all’osso perfino verso Firenze. Il grosso dei passeggeri aretini pagherebbe un dazio pesante alla novità. Il quadro per Roma e Milano.

La stazione dell’alta velocità a Creti penalizzerebbe lo scalo aretino: ecco come

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AREZZO

Salvate il passeggero Ryan. E con lui un gruppo di eroi che continua ad appendere le giornate ai treni. L’annuncio dell’"araldo" Salvini si innesta in un cartellone già scolorito. Siamo l’ombelico del mondo, in termini geografici, ma i collegamenti lasciano a desiderare. La sintesi? Le Frecce, salvate in una lunga stagione di duelli serrati tra i politici aretini e il mondo delle ferrovie, restano quelle o vanno in ritirata. Da Arezzo a Roma due i collegamenti veri, entrambi all’alba o poco più, uno alle 6.33 e l’altro alle 7.50. Di sera formalmente ce n’è un altro, parte alle 20 ma prima va a Firenze, poi torna indietro con un cambio, alla Capitale si arriva poco prima delle 23.

Dietrofront? Da Roma ad Arezzo la musica non cambia: due corse in tutto, entrambe la sera, ottime per tornare a casa ma il cartellone piange. Seguendo le direttrici principali e il quadro non cambia. Da mesi si rincorrono gli appelli bipartisan per rafforzare gli attuali arrivi e partenze invece che aspettare "l’araba fenice" della nuova stazione. Ma il processo è fermo ai blocchi di partenza. E se lanciamo lo sguardo oltre l’ostacolo del nuovo scalo a Creti? Sempre che si costruisca davvero, il suo effetto potrebbe ridurre drasticamente le già povere Frecce al nostro arco, per dare un senso al grosso investimento necessario. Poco male se la stazione fosse a Rigutino, eventualmente servita da collegamenti veloci con il centro. Un dramma se la sede fosse a 46 chilometri da qui. Per l’indotto aretino, quello di maggiore peso, diventerebbe più concorrenziale spostarsi su Firenze e sicuramente sarebbe il prediletto del Valdarno. Due partite. Quella, più politica che altro, di Medioetruria. E quella sul rafforzamento delle corse. Nella direzione di Milano due: una alle 6.25, ma con cambio a Rogoredo per chi volesse puntare la stazione centrale, e una alle 9.19 ma con cambio obbligato a Bologna.

Direzione opposta? Un treno buono alle 5.19, uno alle 15 ma che ti porta a Roma per pescare un cambio, in un totale di quasi cinque ore. E infine la sera alle 18.34 ma sempre con l’obbligo di scendere a Rogoredo per risalire su un’altra coincidenza. Un trattamento non preferenziale. Neanche con i vicini: per Firenze una Freccia è alle 6.25, le altre due a ridosso delle 20 e alle 22.30. Poco male, si dirà, ci sono gli intercity. Calma: perché intanto il tempo del viaggio raddoppia. E poi nei fatti sono quasi scomparsi. Da Arezzo a Santa Maria Novella ce ne sono uno alle 7.32 e l’altro alle 20.26, nella direzione opposta alle 5.45 e alle 21.52. Fine delle trasmissioni. Il resto è appeso al mondo dei regionali, cosiddetti veloci ma i cui tempi di collegamento viaggiano sulle medie di 30 anni fa. E sul filo dell’incertezza, come tanti pendolari potrebbero testimoniare. Pendolari che in questa querelle sono spettatori ma pur sempre interessati e pure ieri hanno fatto i conti con i ritardi dei regionali sulla tratta Roma-Firenze. Inutile andare a scavare in altre direzioni: Torino mantiene l’unica corsa del mattino, per le altre si lavora sulle coincidenze, Venezia ha un intercity prezioso di mezzanotte ma che sparisce nel cuore dell’estate. Morale? Per ritrovare la centralità perduta Medioetruria sarebbe una buona medicina. Ma senza la "posologia" di una stazione adeguata non inutile ma addirittura dannosa.

Come rimarca Giani gli studi confermano che il grosso della domanda è legato alla provincia di Arezzo: da Creti partirebbe al massimo una parte dei passeggeri della Valdichiana. Chi salverà il passeggero Ryan?