Arezzo, 27 settembre 2021 - «Ero perseguitato da creditori e dipendenti. Saranno stati in cinquanta. Addirittura negli ultimi tempi mi avevano cercato anche al negozio di Sansepolcro in maniera minacciosa. Ero senza un euro. Manco per la benzina". Davide Pecorelli, imprenditore sull’asse Umbria-Toscana, ed ex arbitro ad Arezzo decide di raccontare a ’La Nazione’, i suoi mesi da morto fasullo in Albania, dopo aver inscenato il suo omicidio ed essere riapparso su un gommone al largo dell’isola di Montecristo. Una verità – dice – già esposta alla procura ma sulla quale in molti nutrono dei dubbi.
Aveva perso tutto economicamente? "Ho messo nei guai anche la mia compagna. Avevo rimorsi di coscienza nei confronti dei miei figli: la mia situazione era ormai drammatica. Mio padre mi ha sempre insegnato di pagare tutti fino all’ultimo centesimo, purtroppo la crisi dovuta anche al Covid mi ha distrutto". Voleva farla finita? "Quando sono partito per l’Albania no. Ho cercato un’ultima possibilità: prima a Scutari e Tirana tentando di vendere prodotti per capelli e un macchinario da 100mila euro, poi Puke". E quindi? "Ho cercato un parroco per confessarmi e togliermi la vita. Avevo perso la speranza. Il prete ha detto che poteva accedere a un ossario comune". Quindi è stato lui a proporle di inscenare l’omicidio? "Sì e mi ha aiutato. Ma non è vero che i resti umani li abbiamo presi da una tomba. La macchina sarebbe dovuta precipitare nel dirupo ma... sembravamo Fantozzi e Filini. Non riuscivamo a spingerla giù". Il nome del prete? "Non lo farò mai". Ha detto che è stato a Medjugorie, in realtà a Valona... "Il sacerdote mi ha detto che potevo spostarmi in un paese dove nessuno mi avrebbe cercato. Per 4 mesi ho pianto". E Valona? "E’ vero, sono stato lì, ma dal 7 maggio. Con la comunità religiosa era emersa la questione del tesoro. Sapevo che avrei dovuto affrontare 27 miglia in mare aperto al Giglio, quasi una follia, quindi dovevo essere preparato e sono andato a Valona". E’ rientrato in Italia il 12 settembre. Perché? "Per il tesoro. Sono arrivato a Roma con l’autobus dei pellegrini. Ho prelevato i soldi al bancomat e sono andato a Grosseto e quindi al Giglio. Il martedì ho noleggiato il gommone e ho fatto il viaggio verso Montecristo alla prima zona delle monete…". Sembra una storia per nascondere altro. E’ così? "Assolutamente no. Ho avuto a che fare con gente credibile, da 50 anni stavano studiando questa operazione". E perché proprio lei? "Forse avranno visto che ero l’unico che potevo portare a termine un piano del genere: non avevo nulla da perdere. Con il tesoro avremmo fatto a metà". L’Albania potrebbe agire nei tuoi confronti per i reati commessi. Preoccupato? "Sì". E adesso? "Cerco di riprendere la vita normale tra tante difficoltà che ovviamente ho trovato al mio ritorno. Non rifarò l’imprenditore in Italia. Penso ad un’associazione per sostenere la categoria". Ma con quali soldi? "I carabinieri hanno trovato anche le chiavi del garage che ho affittato a Porto Santo Stefano per custodire il tesoro. Hanno tutti i filmati della contabilità e le mappe. Ho cercato l’esperto in numismatica. Ha detto ’E’ incredibile quello che hai trovato’. Il 23 settembre avevamo appuntamento in un hotel di Arezzo. Però mi hanno beccato". E con quel fantomatico tesoro illegale che avrebbe fatto? "Avevo un appuntamento con un compro-oro a Firenze". Quindi all’appello, secondo il suo racconto, manca ancora qualcosa… "Il giorno che mi hanno preso, ero andato a prenderla. I carabinieri mi hanno visto in cala Maestra, ho fatto finta di aver finito la benzina". In base a questa scoperta, ora che intende fare? "Sono convinto di trovare finalmente la serenità per la mia vita e per i miei familiari". Cristiano lo scrittore a Valona, Giuseppe il geologo con falsi documenti. Ne hai cambiate di identità... "Il documento di Giuseppe (omissis) me lo aveva lasciato lui in passato perché doveva pagarmi delle camere. L’ho utilizzato mettendo la mia foto e la professione, geologo". Sembra tutto troppo sopra le righe... "Il mio modo di vedere la vita è sempre stato differente, altrimenti non avrei fondato 10 anni fa una squadra di calcio, la Longobarda, senza stipendi, peraltro anticipando quello che sta avvenendo ora". C’entra qualcosa col traffico della droga Albania-Italia? "Assolutamente no. Chi mi conosce bene sa cosa ho fatto in passato contro l’uso delle sostanze stupefacenti. Respingo con decisione chi ha ipotizzato questo scenario".