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Tra impresa e futuro Dall’Avo lancia l’idea "Siamo unici, facciamo la cittadella dei terzisti"

Nella sua azienda ha 145 dipendenti e lavora con brand tra cui Tiffany "Il distretto ha potenzialità esclusive, le grandi firme cercano qualità". Propone una fiera dove "i clienti sono le griffe che scelgono i prodotti".

Tra impresa e futuro Dall’Avo lancia l’idea "Siamo unici, facciamo la cittadella dei terzisti"

"Bisogna toccarlo l’oro, sentire che si trasforma tra le mani, diventa gioiello", dice Marco Dall’Avo che ai ragazzi della scuola per orafi trasmette il mestiere anche attraverso la fisicità della pratica manuale. Sta qui il legame tra creatura e creatore, "la meraviglia di un lavoro da costruire con testa e passione e sei tu che lo conduci". Lezioni in fabbrica, tra i banchi e i macchinari tecnologicamente avanzati "perchè si sta sui mercati solo con investimenti in ricerca, innovazione, tecnologia", alternate alla teoria in classe che "dovrebbe essere meno rigida e avvicinare di più i ragazzi al cuore della produzione", è la raccomandazione da "prof" sul campo. Lui ci crede nella scuola per orafi e con Unoaerre, altro colosso dell’oreficeria made in Arezzo, ci mette la faccia e l’esperienza. Perchè il problema è che le mani non bastano mai, le nuove leve non si trovano e i 20-25 diplomati che ogni anno escono dal Margaritone con in tasca "almeno 4 offerte di lavoro", non coprono il fabbisogno delle aziende. Ogni anno ne servono alcune centinaia. Distanza siderale.

Al timone di Treemme, evoluzione di Oma27 Ar fondata dal padre Enzo nel 1957, Dall’Avo negli ultimi due anni ha assunto sessanta persone (145 i dipendenti nello stabilimento aretino) e non si ferma: "Stiamo cercando ancora profili, facciamo una montagna di colloqui", è il refrain che rimbalza dalla Treemme alle oltre mille aziende orafe che fanno il made in Arezzo e oggi sono nel target dei brand della moda "sbarcati qui per la capacità manuale, la precisione, l’alta qualità che ci rende unici", rimarca Dall’Avo.

E con piglio fiero aggiunge: "Il nostro distretto orafo ha potenzialità uniche al mondo. L’unico gap è nell’incassatura dei preziosi che, invece, possiede il distretto di Valenza; per il resto, dalla produzione alla costruzione di macchinari, non ci batte nessuno".

Cartier e Tiffany sono nomi d’oro (in tutti i sensi) nel suo portafoglio clienti che allarga ad altre griffe della moda, sempre più interessate a investire qui. Al punto che la città dell’oro ha già cambiato pelle: oggi, buona parte delle imprese lavora per le Maison del lusso.

"Cartier che sceglie la scuola per orafi e collabora con Treemme e Unoaerre per i gioielli creati dagli studenti ai quali offre un’opportunità professionale, dimostra un interesse crescente. E’ pure un modo per sensibilizzare i ragazzi e far comprendere che la scuola professionale non è per asini, bensì per chi vuole costruire con le proprie mani un mestiere che può dare grandi soddisfazioni, come è capitato a me".

E se il fenomeno comincia a delineare i contorni di una cittadella delle Maison internazionali, Dall’Avo lancia la sua proposta: "Un distretto iperspecializzato di terzisti, all’interno del quale i clienti non sono più l’arabo o l’americano, bensì i brand del lusso mondiale. Non esiste da nessuna parte e potrebbe nascere qui".

Accanto, c’è l’idea di una fiera del "terzismo dove le aziende si propongono ai marchi più prestigiosi esponendo le creazioni. Si potrebbero aggiungere le scuole di specializzazione con i loro servizi. Un’area importante della fiera da destinare anche ai macchinari e in questo modo si creerebbe un sistema completo dentro il quale i brand internazionali possono scegliere. E Arezzo volerebbe ancora più in alto".

Lucia Bigozzi