Tutti in acqua con Patrizio. Da ieri la finale: siamo 1-1. La "curva" dei tempi d’oro

Agli inizi del 2000 notti in diretta al Continentale e i riflettori di Porta a Porta. Dal no al calcio, al sì alla sua città. In mezzo la grande passione delle regate.

Tutti in acqua con Patrizio. Da ieri la finale: siamo 1-1. La "curva" dei tempi d’oro

Patrizio Bertelli guida l’impresa di Luna Rossa nella finale di Coppa America

La sera appuntamento al Continentale. L’albergo trasformato nella prua di una barca a vela, che un giorno dopo l’altro si immergeva nelle acque dell’oceano, seguita da mezza Italia. Era la prima finale di Coppa America dopo quella del Moro di Venezia, e lo skipper reale, a volte perfino tra i marinai nella barca, era un aretino di Colcitrone: Patrizio Bertelli.

Dopo oltre vent’anni l’equipaggio si rinnova ma l’atmosfera resta quella di allora. Tempi da brividi sulla schiena. Da ieri l’imprenditore guida, sia pur a distanza, l’avventura dal sapore amaranto. C’è da conquistarla la finale delle finali, in palio per ora c’è la Luis Vuitton Cup: chi vince avrà diritto di sognare. Da ieri tutti in acqua, anche se con il tempo le barche si sono trasformate in strani "uccelli" che non tagliano ma sorvolano le onde, staccati dalla superficie dell’acqua che a vederli così, paiono sospesi.

Per ora siamo 1 a 1: il team Bertelli ha ruggito nella prima regata, lasciando gli inglesi lontani, lontanissimi, quasi un minuto di vantaggio al traguardo. Poi la risposta, meno fragorosa, un pugno di secondi, ma sufficiente a mandare tutti a letto, o magari in cambusa, pari e patta, pronti a ripartire da zero sabato e domenica. "Siamo migliorati nella conduzione e nella tattica, abbiamo preso decisioni rischiose, abbiamo dimostrato carattere".

Era la parola d’ordine dell’aretino di mare subito dopo aver conquistato il biglietto per la finale. E si fa fatica a distinguere il motto da quello che lo ha portato a costruire un gigante della moda e dell’economia, Prada, o a tornare a tuffarsi nelle acque aretine. A fianco, c’è tutto quanto Bertelli ha adottato o battezzato in pochi mesi dalle nostre parti, con lo stesso spirito che lo sta conducendo ora sulle acque delle grandi regate alla conquista del trofeo dei trofei. Per anni il mondo del calcio ne ha invocato la discesa in campo con l’Arezzo, certa che in quel caso ci saremmo ritrovati a combattere per lo scudetto. Per anni lui ha detto no, come se si fosse dimenticato della città. In realtà l’uomo ha le sue regole e i suoi tempi. E nel pieno del pressing che lo avrebbe voluto presidente, donò duecentomila euro per gli scavi in Fortezza. Niente pallone ma storia, niente scudetto ma l’antica chiesa di San Donato.

Da allora la sua linea, come se avesse trovato il vento giusto, non è mai cambiata: la Pieve, piazza San Francesco, Palazzo Carbonati. Un elenco ormai lungo, che si va ad incrociare con le dirette dalle regate, galleggiando tra una bolina e l’altra. Dirette che all’inizio degli anni 2000 Piero Comanducci amplificava, il primo da tifoso di rally e sport lontani dal calcio a capire che lì sotto si nascondeva un tesoro. Nel salone sotto l’albergo, si chiama tuttora Piazza Grande, proiettava su maxischermo le regate, aprendo le porte a tutti. La città finì addirittura su Porta a Porta, come club Luna Rossa più famoso d’Italia, rischiando al ritorno con il pullman di capottare come una barca. Di notte la gente usciva dall’albergo con gli occhi pieni di mare e la "salsedine" dell’adrenalina della sfida appiccicata alla pelle. Lo stesso albergo sul quale la città si ritrovò per mesi. E dopo 25 anni siamo ancora lì. Ad ogni sconfitta Bertelli tagliava il traguardo e consegnava nelle mani del Commodoro del team di New Zealand la nuova sfida di Luna Rossa per l’edizione successiva. Da uomo di mare. E da perfetto aretino.

Lucia Bigozzi