
La lettura della sentenza
Disperato, uccise la moglie malata di Alzheimer. La Corte di assise di Arezzo ha condannato a 9 anni 4 mesi per omicidio volontario Alessandro Sacchi, 80anni, più altri 8 mesi per detenzione illegale di arma, la stessa con la quale ammazzò la moglie Stefanella Mugnai, 72 anni, malata di Alzeheimer. Il fatto accadde nel loro appartamento di via Giotto ad Arezzo il 21 giugno 2024. I legali Stefano Sacchi e Piero Melani Graverini avevano chiesto alla corte di assise di poter usufruire di giustizia riparativa ma la richiesta è stata rigettata per mancanza, dopo uno studio preliminare, di strutture. "Secondo noi - ha dichiarato Stefano Sacchi, difensore ma anche nipote dell’imputato - è una menomazione dei diritti di difesa, leggeremo la sentenza e valuteremo il da farsi".
Alessandro Sacchi, dopo un breve periodo di detenzione e di permanenza successiva in una Rsa, è tornato nell’appartamento dove viveva con la moglie e dove avvenne l’omicidio. La coppia non aveva figli e l’uomo doveva accudire da solo la coniuge, che peraltro lui stesso ha ricordato ieri mattina in aula con parole commoventi. L’incalzare della patologia avrebbe aggravato le condizioni dell’assistenza necessaria per la donna e in una discussione il marito prese una vecchia arma che aveva in casa e le sparò. Dopo la sentenza di condanna si va verso il ricorso in Appello. Certo prima bisogna leggere le motivazioni, sottolineano gli avvocati di Alessandro Sacchi ma il tentativo i difensori Piero Melani Graverini e Stefano Sacchi con ogni probabilità lo faranno. "La sofferenza dell’uomo è innegabile, è un dato certo. Noi avevamo chiesto una attenuante, quella del risarcimento, ma che la corte d’assise ha ritenuto non percorribile" dice l’avvocato Piero Melani Graverini.
"Ha ricordato la moglie, ha parlato per poco, era commosso, ed ha aspettato la decisione della corte che è arrivata" dice il nipote Stefano Sacchi. "Se ce lo aspettavamo? Era un’ipotesi, noi avevamo previsto anche un’ulteriore attenuante, quella della giustizia riparativa, ma non ci sono le strutture idonee e questo secondo noi è una menomazione dei diritti della difesa". Per la giustizia riparativa il tribunale di Arezzo ha sondato se vi fossero strutture in zona ma ha ritenuto che non ci fossero. Si tratta di un istituto previsto dalla riforma Cartabia che prevede un percorso in un ente che opera nel mondo del contrasto alla violenza di genere. Una strada che avrebbe portato ad un ulteriore taglio ma che la corte ha rigettato: Alessandro Sacchi adesso rimane ai domiciliari a casa sua, non andrà in carcere visto che non ci sono esigenze cautelari.