
Il viaggio di Filippo Lazzerini per portare beni di prima necessità "Voglio continuare a sostenere un popolo martoriato dalla guerra".
Oltre 6mila chilometri fatti, 30 chili di medicinali donati, alla pari di un’ambulanza, vari dispositivi medici, capi di vestiario e cibo a lunga conservazione. Più che una missione i 13 giorni trascorsi dal dottor Filippo Lazzerini, direttore della farmacia Zampi di Levane, in varie città dell’Ucraina, hanno rappresentato un mix di emozioni e adrenalina pura. Fin dal primo viaggio, nel 2024, l’aretino si era posto un unico obiettivo: aiutare in modo concreto un popolo tristemente martoriato dalla guerra. Un anno di preparazione, prima della (ri)partenza da Montalto avvenuta lo scorso 11 gennaio col ritrovo al confine assieme a due compagni di avventura, Niccolò Celesti e Vincenzo Circosta, giornalisti free lance che lo hanno accompagnato in questo viaggio tutt’altro che semplice.
Ma come è nata in Lazzerini l’idea di partire per la prima tappa di Leopoli? "Ho preso contatti oltre un anno fa - afferma il farmacista di Levane - col consolato ucraino di Firenze e assieme all’associazione ucraini toscani siamo riusciti a mettere insieme il tutto, partendo dall’acquisto di un’ambulanza usata grazie a donatori privati, più a altri aiuti con i quali sono potuto partire".
Di tutto un po’ per il popolo ucraino, un sostegno concreto l’ha dato anche la Misericordia di Montevarchi regalando una barella e del vestiario, e poi altre associazioni come l’ordine dei farmacisti di Arezzo, l’associazione farmacisti non titolari con cui si sono potuti mettere insieme i fondi per un defibrillatore, dei medicinali, garze, disinfettanti, siringhe, antibiotici che giorno dopo giorno, senza non poche difficoltà, sono arrivati a destinazione.
Un viaggio con accanto due compagni di avventura come Niccolò e Vincenzo, senza i quali sarebbe stato difficile portare a compimento il tutto: "È grazie a loro coi quali sono stato affianco ogni giorno se sono riuscito nel tutto, i primi contatti per andare in Ucraina l’ho presi con entrambi altrimenti sarebbe stato difficile soprattutto per la lingua". Intendersi non è stato per niente facile, sopratutto per spiegare l’utilità di quanto donato: "Un conto è consegnare una barella un altro dover spiegare come utilizzare le medicine, per fortuna abbiamo utilizzato il traduttore simultaneo".
Non è stato tutto rose e fiori, anche momenti di forte paura come la notte del 18 gennaio: "Ero a Kiev, in piena notte, è esplosa una bomba a 300 metri dal palazzo che mi ospitava che ha cominciato a oscillare. Un’esperienza che mi ha cambiato la vita per sempre".
Qualche altro contrattempo poi la consegna dell’ambulanza e il ritorno in Italia tramite un volo di linea con la promessa di poter tornare in questa terra a fare del bene, prima possibile: "Questo è il mio obiettivo, non è semplice poter raggruppare tutti gli aiuti così come partire e organizzare giorno dopo giorno il viaggio ma sicuramente ci tornerò sempre con Niccolò e Vincenzo con cui sono sempre in contatto".