
Stasera e domani lo spettacolo sul palco aretino ambientato in una Grecia mentale e onirica.
La "Fedra" del celebre drammaturgo francese Jean Racine, considerata il più grande testo sulla passione che il teatro abbia mai prodotto, andrà in scena nella lettura della Compagnia Lombardi Tiezzi stasera e domani alle 21 al Teatro Petrarca di Arezzo nell’ambito del cartellone nato dalla sinergia tra Fondazione Toscana Spettacolo onlus, Fondazione Guido d’Arezzo e Comune. Con questo dramma borghese – coprodotto da Emilia Romagna Teatro Ert / Teatro Nazionale e Teatri di Pistoia Centro di Produzione Teatrale – ambientato in una Grecia di cui restano solo rovine, il regista Federico Tiezzi torna al mito classico insistendo sull’indagine dei personaggi, le loro trasformazioni sotto la forza di un desiderio che è colpa e peccato, spingendosi alla suggestione di una vera e propria seduta psicanalitica. Tiezzi sceglie di confrontarsi con la versione più moderna e complessa di Fedra, quella di Racine, che si ispirò alle versioni del mito tramandate da Euripide e da Seneca. Nel palazzo reale di Trezene, in una Grecia mentale e onirica, Fedra si dibatte nella morsa di una passione tanto irrefrenabile quanto impossibile: ama il figliastro Ippolito, figlio di primo letto del marito Teseo. Non ricambiata nella passione, Fedra calunnia Ippolito di un tentativo di stupro. Il ritorno di Teseo sarà il segnale di un inesorabile tracollo, che farà precipitare gli eventi verso la tragedia (info e ingressi www.fondazioneguidodarezzo.com). Racine stesso definì Fedra "la migliore delle mie tragedie": Fedra è l’eroina tragica perfetta per i fini educativi che l’autore riconosce al teatro, strumento insostituibile per elevare la virtù degli spettatori, per la condanna delle passioni e dei vizi. La tragedia, come nella classicità greca, ha una vocazione morale e deve aiutare lo spettatore a liberarsi dalle passioni attraverso la catarsi: possibile solo partecipando in maniera totale agli avvenimenti tragici. Lo spettatore diviene testimone della passione amorosa di Fedra e delle sue conseguenze disastrose ed è così costretto a scegliere tra la condanna e la pietà, tra la partecipazione emotiva e il giudizio. Fedra, afferma Racine nella sua prefazione alla tragedia, "non è infatti né del tutto colpevole, né del tutto innocente".