Arezzo, 4 maggio 2016 - Una zona di campagna a ridosso della città, una fila di tende,l'ordine rigoroso che nasconde la profonda lacerazione. Sono alcuni degli ingredienti dell'immagine rarissima che La Nazione offre oggi insieme al giornale. Non perdetela. E non perdete anche la curiosità di esplorarla in tutti i dettagli. Perché ci sono degli aspetti inconfondibili che ne permettono il riconoscimento: come il campanile della chiesa di Santa Croce proprio sulla destra, un tratto delle mura, lo scorcio che nel tempo avrebbe ospitato prima il Garbasso e poi il palazzo di giustizia. La città viva, che si trasforma sotto gli occhi: o in una foto.
Nostalgia in bianco e nero. Ovvero come eravamo e come era la città. C’è un archivio preziosissimo che ci ricorda il passato, ce lo racconta attraverso le immagini, una narrazione storica che va dall’Ottocento agli anni Settanta. Una carrellata emozionante, ritratti, personaggi, gente comune sullo sfondo di una Arezzo che ha cambiato faccia, dai cavalli alle automobili, dai lumi alla luce elettrica, dalla cinta murarie agli assi stradali, dalla battitura (che si faceva anche in piazza GuidoMonaco sotto la statua) alle fabbriche, dalle macerie della guerra alla ricostruzione.
Tutte immagini che fanno parte del nostro dna e conservate nell’archivio del fotoclub La Chimera, nato nel 1973 come «museo» comunale con sede in Piazza Grande sotto le Logge Vasari. A presiederlo è un quadrumvirato composto da Glauco Ciacci, Giovanni Tortorizio, Piero Franchini e Bruno Tavanti, tutti «storici» aretini. Un archivio nato e cresciuto grazie alle collezioni e alle foto private dei cittadini che insieme hanno ricostruito la memoria storica della città. Prima su stampa cartacea, ora digitalizzata, con oltre tremila immagini.
«Come fotoclub siamo nati nel novembre del 1969, ormai un pezzo di storia anche noi – spiega Ciacci – poi nel dicembre del 1973 il Comune ci incaricò di raccogliere e conservare le foto per creare un archivio comunale, la serietà e la competenza furono la nostra garanzia. Un anno dopo avevamo già 700 foto, un patrimonio collettivo che ancora oggi continuiamo a raccogliere, catalogare, contestualizzare, stampare e digitalizzare. Tutto reperibile nel nostro sito internet www.fotoantiquaria.it che presto cambierà veste».
La prima è del 1861, un panorama di Arezzo visto dal Pionta, l’ultima è quella dell’abbattimento della ciminiera della Sacfem del 1977 che riproponiamo nelle stampe in regalo ai lettori de La Nazione da martedì, grazie alla collaborazione proprio con il Fotoclub La Chimera. Un patrimonio che in tanti hanno contribuito ad arricchire. «Il lascito più importante è stato quello di Bruno Tavanti, il primo a capire l’importanza di questo materiale e la necessità di condividerlo in internet» spiega Ciacci.
E infatti l’archivio in carne ed ossa è conservato in via Tiziano dove Tavanti aveva il laboratorio. «Anche il fondo Gaburri è stato importante, ci ha lasciato le lastre di vetro originali e tantissimi ritratti, scatti fatti in studio e fototessere dagli anni Venti in poi. Sarebbe interessante farne una mostra e con l’aiuto dei cittadini capire chi sono, magari qualcuno potrebbe riconoscere qualche avo». Memoria storica, dicevamo, patromonio collettivo che però il Comune ha dimenticato. O meglio se lo ricorda quando va a riscuotere l’affitto annuale di 3600 euro.
«Facciamo un grande sforzo e avremmo bisogno di aiuti, di più spazi per fare mostre e anche di un ricambio generazionale». Ma che continua a dare frutti con mostre, l’imperdibile Fotoantiquaria e libri fotografici tra cui l’ultimo «Arezzo cent’anni in foto» già in seconda edizione. «I ricordi prendono vita quando sfogli i nostri album fotografici e la gente si emoziona – commenta Ciacci – è un racconto lungo più di un secolo di storia, costume e società». Una sintesi verrà regalata dal nostro giornale, un altro centinaio di foto sono esposte nella sede del Fotoclub i giorni della Fiera Antiquaria e tutti i fine settimana fino al 17 maggio (visitabile anche su appuntamento). Tutto materiale che aspetta solo di non essere dimenticato: è la memoria degli aretini.