GLORIA PERUZZI
Cronaca

Vecchioni, serenata per duemila "Mia moglie, le parole, la musica"

Il cantautore attesissimo stasera a Cavriglia. "Rimpiango i Beatles e i francesi. Preparo un libro e un disco"

Vecchioni, serenata per duemila "Mia moglie, le parole, la musica"

di Gloria Peruzzi

"Ci vuole tantissima testa dura", dice senza esitazione Roberto Vecchioni pensando a cosa gli sia stato più utile nella sua ultra cinquantennale attività musicale. Se guarda indietro, non ha dubbi, la testardaggine insieme con la passione è ciò che gli permette oggi, ottant’anni appena compiuti, di raccontare una carriera di grandi soddisfazioni. "Mia mamma o forse Dio, non so, mi ha dato i mezzi per capire il significato delle parole, sentire la musica in ogni cosa fin da piccolo. Poi mi sono appassionato al jazz, alla sinfonica, alla leggera e, a un certo punto, ho voluto provare a farla", racconta il cantautore. Stasera con "L’infinito tour" fa tappa a Cavriglia (piazza Berlinguer, ore 21), per il Festival Orientoccidente e delle Feste del Perdono. Quasi duemila spettatori ad aspettarlo.

Vecchioni, l’inizio com’è stato?

"All’inizio è tutto un po’ strampalato, fai cose sconclusionate, lunghissime, cose che nessuno ascolta, poi ti assesti e dopo vai avanti anche con l’esperienza non più solo con l’istinto".

Ha mai dovuto scendere a patti con il successo?

"Mai! Posso dirlo forte e ho avuto occasioni che nemmeno potete immaginare, ma non ho voluto prenderne nemmeno una. Non ho mai reso semplici alcune mie canzoni e dire che ce n’erano di molto complicate, ma dovevano uscire così. Solo due volte ho voluto semplificare ed è andata bene, la prima ho vinto il Festivalbar e la seconda ho vinto Sanremo".

A proposito delle parole, le stiamo ferendo a morte?

"Purtroppo sì. Peccato, perchè la parola è l’unica invenzione umana, tutte le altre cose sono una scoperta, i neuroni, la ruota, anche la musica come tutto il resto c’era già in natura".

A quale è più affezionato?

"Ce ne sono tante. Di sicuro la parola amore è fondamentale per me, compreso il dolore e la gioia d’amore, la tranquillità, la pace. Non si può fare a meno della parola libertà come pure cultura non deve mancare mai".

La musica in generale come sta?

"Non sta vivendo il periodo migliore. Quello che io preferisco è stato tra la fine dei ’60 e i ’70. Dai Beatles fino a Springsteen, la west coast americana. Poi la musica francese di Brel, Aznavour, Bécaud. Cose inimitabili, tutto è stato detto in quegli anni d’altronde c’era un approccio al pensiero che oggi non c’è più".

Solitamente cosa ascolta?

"A caso, non ho preferenze assolute, mi interessa ancora qualcosa di americano, non mi piace più la musica francese, poco quella dell’est, ma vado sempre pazzo per quella brasiliana e in generale per quella sudamericana. Quando scrivo però mi piace ascoltare Debussy, Ciajkovskij e naturalmente Schubert".

Il suo ricordo più bello?

"L’incontro con Daria, mia moglie, mi ha cambiato la vita, ha dato significato a tutto anche alle cose peggiori".

A cosa lavora oltre il tour?

"A un disco e ho finito il libro. Un romanzo, che uscirà ad aprile per Einaudi"

C’è già il titolo?

"Probabilmente ‘Tra il silenzio e il tuono’".