LUCIA BIGOZZI
Cronaca

"Vedrete, noi resisteremo lo stesso". Benedetti si piega ma non si spezza. Nel mirino la frenata degli acquisti

Il timoniere della Jessica è in partenza per l’expo di Hong Kong, è responsabile di 94 dipendenti "Le imposte già ci sono: il problema è lo squilibrio sociale, il divario di ricchezza si allarga, calano i clienti".

Gli imprenditori studiano piani alternativi e strategie possibili per resistere ai dazi annunciati da Trump

Gli imprenditori studiano piani alternativi e strategie possibili per resistere ai dazi annunciati da Trump

"I dazi? Non avranno l’effetto che Trump auspica". In attesa del volo per Hong Kong, Marco Benedetti, gran timoniere della Jessica Jewels sposta semmai l’asse degli effetti per il distretto orafo, su una serie di elementi che pesano nella filiera produttiva e che rischiano di avvitarsi in una spirale.

Su tutti "la crisi del settore moda che coinvolge direttamente centinaia di piccole aziende, faconisti, sopratutto in Valdarno, ma anche numerose aziende orafe che negli anni del boom della moda con le grandi griffe a caccia dei nostri maestri artigiani, si sono specializzate nella produzione di accessori per calzature e pelletterie". Aziende che ora "sono strette nel vortice di una crisi che viene da lontano, dall’instabilità dei mercati internazionali e da una gamma di altissimo livello che riduce la platea dei clienti".

Lui è in partenza per la grande fiera orafa dell’Oriente: porta la sua azienda e il suo know how tradotto in gioielli in argento.

"È una fiera importantissima che segna l’andamento degli ordini durante l’anno", spiega Benedetti che dopo Hong Kong ha già in agenda una missione di lavoro in Cina, alla conquista di nuovi mercati.

Un piano d’azione per allargare la platea dei clienti e il portafoglio degli ordini in un anno che sarà ancora attraversato dagli effetti di un rallentamento, registrato negli ultimi mesi del 2024. La sua azienda dà lavoro a novantaquattro dipendenti ed esporta più della metà dei gioielli negli Stati Uniti intrecciando un business che in termini assoluti supera i sei milioni e mezzo dei dodici complessivi di fatturato.

Ma l’annuncio di Trump non lo scoraggia, certo "non è uno scenario che fa piacere, tuttavia non sono i dazi a creare problemi e del resto una quota di dazi noi imprenditori la paghiamo già oggi. Il punto vero è che è sempre più evidente un disallineamento sociale a livello internazionale che fa sì che il divario tra ricchissimi e poveri sia sempre più ampio>. E al capitolo <strade alternative>, Benedetti delinea un quadro di possibilità: <Molti imprenditori stanno già pensando di diversificare sui mercati, altri di orientarsi su Paesi non toccati dai dazi, altri ancora di spostare la sede aziendale a Taiwan e da lì fare triangolazioni".

Aggiunge un altro aspetto: "Non esiste una regola che vale per tutti, ogni azienda ha le sue peculiarità. Certamente in questa fase chi produce oreficeria è penalizzato perchè alle prese con l’impennata del costo dell’oro al grammo. Faccio un esempio: un grammo d’oro negli Stati Uniti oggi costa 190 dollari, prezzo al pubblico, cioè è oltre il valore percepito". Un freno agli acquisti è il rischio dietro l’angolo.

Ma nel distretto orafo ora si attende di capire la mossa definitiva di Trump: gli imprenditori resistono, studiano exit strategy ma continuano ad essere protagonisti dell’export non solo aretino ma pure toscano e rappresentano un terzo di quello nazionale: Turchia ed Emirati Arabi in questo momento sono i Paesi sul podio del business. E gli Stati Uniti seguono, ma sono distaccati. Una chiave di volta per impostare nuove iniziative imprenditoriali sullo scenario internazionale.

Lucia Bigozzi