ATTILI
Cronaca

Vera Croce, il frammento di Piero. È conservato da secoli a Cortona. Il maestro lo vide per gli affreschi

La reliquia era stata donata da Elia alla chiesa di San Francesco in una tavola d’avorio. Sulla custodia i protagonisti della Leggenda: conferma la storia da cui partì il capolavoro.

La reliquia era stata donata da Elia alla chiesa di San Francesco in una tavola d’avorio. Sulla custodia i protagonisti della Leggenda: conferma la storia da cui partì il capolavoro.

La reliquia era stata donata da Elia alla chiesa di San Francesco in una tavola d’avorio. Sulla custodia i protagonisti della Leggenda: conferma la storia da cui partì il capolavoro.

Brilli

C’è da chiedersi se Piero della Francesca fosse a conoscenza che a Cortona si conservava, e si conserva tutt’ora, un frammento della Vera Croce, una reliquia che avrebbe conferito, per così dire, una testimonianza tangibile alla celebre storia narrata da Jacopo da Varagine che il pittore si apprestava a tradurre in immagini sulle pareti dell’abside della chiesa aretina di San Francesco. L’originale reliquia bizantina è costituita da una tavoletta d’avorio che, nella facciata anteriore, è suddivisa in quattro scomparti da una croce sovrapposta formata da una lamina metallica a sbalzo che lascia intravedere un sottostante incavo della tavoletta in cui è custodito il sacro frammento ligneo.

Nella parte superiore e in quella inferiore la placca eburnea presenta due fasce scolpite; in quella superiore si scorgono, entro medaglioni, il busto di Cristo benedicente con barba e lunghi capelli, il quale è affiancato dagli arcangeli Michele e Gabriele. Nei tre medaglioni della fascia inferiore si scorgono i ritratti dei personaggi ai quali si deve il ritrovamento della Vera Croce e il relativo culto, e cioè Elena, madre di Costantino, a sinistra, l’imperatore Costantino al centro e Longino, il soldato romano che squarciò il costato di Cristo per affrettarne la morte, sulla destra. Negli spazi rettangolari delimitati dai bracci della Croce si stagliano, in piedi, quattro immagini di personaggi intercessori presso il Cristo, l’identità dei quali viene dichiarata, come per le figure dei medaglioni, dalle rispettive epigrafi. Si tratta della Vergine e del così detto Precursore che si trovano negli spazi superiori, e dei santi Stefano e Giovanni Evangelista in quelli inferiori. Sul retro, la placca reca un’iscrizione in greco che forma una croce, definita dagli studiosi “carme figurato”, nella quale si narra che Cristo ha donato la Croce all’imperatore Costantino per la sua salvezza.

Ancora una volta viene in mente lo stupendo scomparto della narrazione pierfrancescana, con l’angelo che leva la Croce sopra l’imperatore dormiente come annuncio di vittoria. L’iscrizione prosegue dicendo che, pervenuta di mano in mano in possesso dei successivi imperatori bizantini, la tavoletta con la Croce è servita a mettere in fuga i barbari. In effetti, a Bisanzio reliquie di questo genere venivano portate, quale insegna auspicante la vittoria, in testa all’esercito cristiano nelle campagne militari contro gli arabi e i miscredenti. Anche Piero dipinge Costantino che solleva la Croce dinanzi a Massenzio e al suo esercito in fuga. Da quando, nel XVI secolo, la tavoletta eburnea è stata inserita in un fastoso reliquiario, non è facilmente visibile. Essa si trova infatti incorniciata a sommo di un complesso apparato scenico in forma di tempietto, con tanto di cupola, che poggia su colonne, oltre a quindici figure a tutto tondo, bassorilievi e fregi ornamentale.

Nei due bassorilievi sono rappresentati la Deposizione e il Ritrovamento della Croce. Cortona deve il possesso della preziosa tavoletta eburnea ad uno dei suoi figli più famosi, Elia, al secolo Elia Buonbarone, personaggio di primo piano nella storia del francescanesimo, ancorché promotore di una concezione dell’Ordine caratterizzata da una salda organizzazione conventuale diametralmente opposta a quella rigorosamente pauperistica di Francesco. Nel 1243, Elia viene inviato dall’imperatore Federico II in Oriente per portare a compimento complesse missioni diplomatiche. Non più ministro generale dell’Ordine a causa dei contrasti con il pontefice Gregorio IX, Elia è infatti passato da quattro anni al servizio dell’imperatore, con il quale per altro viene coinvolto nella scomunica papale. Vuole la tradizione che, al ritorno da Bisanzio con la reliquia della Vera Croce, Elia si sia ritirato nell’eremo cortonese delle Celle in atto di contrizione e di pentimento. In realtà egli rimane a pieno titolo protagonista della politica religiosa del suo tempo, infatti si dedica anima e corpo all’edificazione della chiesa e del convento di San Francesco nella sua città natale, dopo aver progettato, secondo quanto si tramanda, la monumentale basilica e il convento di Assisi.

A compimento dell’opera, Elia dona alla chiesa francescana di Cortona la tavoletta eburnea con il frammento della Vera Croce insieme a due reliquie del santo, vale a dire il cuscino offerto a Francesco dalla patrizia romana Jacopa dei Settesoli e la tunica indossata dal santo in punto di morte. Collocata sull’altare maggiore della chiesa, la tavoletta bizantina con il frammento della Vera Croce è stata nei secoli oggetto di intensa venerazione, come dimostra il fastoso reliquiario barocco che l’ospita. Non è improbabile che verso la metà del Quattrocento la sua fama abbia suscitato l’interesse di Piero della Francesca che per l’appunto si apprestava a dipingere la leggenda della Vera Croce proprio in una chiesa francescana, quale è quella di Arezzo.