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“Colpito dallo stesso male”. Arezzo, un altro vigile del fuoco combatte contro il tumore

Giovanni racconta la sua odissea: “Spero possa servire a fare chiarezza”. Invita i colleghi a farsi avanti. “Non sono operabile, vivo alla giornata”

L'incontro tra i familiari dei vigili del fuoco morti

L'incontro tra i familiari dei vigili del fuoco morti

Arezzo, 29 marzo 2025 – “Metto a disposizione la mia storia, la mia malattia, con la speranza che possa aiutare a far luce su quanto accaduto”. Sono parole di Giovanni Bonavita, aretino di 54 anni, due anni fa colpito da glioblastoma di quarto grado, lo stesso tumore cerebrale raro che ha colpito e portato via tre vigili del fuoco di Arezzo: Mario Marraghini, Maurizio Ponti e Antonio Ralli.

Anche Giovanni ha prestato servizio nella caserma di via degli Accolti, seppur per un solo anno come militare nel 1990, dopo due mesi trascorsi a Roma, come ha raccontato ad Arezzo Notizie. “In quell’anno non feci molti interventi, ma vissi a contatto con i vigili utilizzando dispositivi dello stesso genere. Ricordo molto bene Ralli e Marraghini, erano instancabili, adoravano il loro lavoro. Quella era una grande famiglia”, ci ha detto. “I casi potrebbero essere collegati? Perché sempre lo stesso tumore? Sono domande che mi pongo, alle quali non so ancora dare una risposta. È per questo che ho deciso di farmi avanti: magari una storia in più potrebbe aiutare nella ricerca della verità”, prosegue Giovanni.

Una verità che i familiari delle vittime cercano con determinazione: vogliono capire se esiste un nesso tra l’esposizione ai Pfas e l’insorgenza del glioblastoma. Un’ipotesi finora mai approfondita con ricerche specifiche.

“Come ho scoperto di essere malato? Un giorno, nel 2022, sono svenuto, dal nulla. Il Pegaso mi ha trasportato a Siena, ma dalle prime analisi non era emerso niente. Dopo un mese e mezzo, un altro svenimento. A quel punto, Tac, risonanze magnetiche e infine, a luglio, la diagnosi: glioblastoma”. Giovanni è in cura da due anni tra radioterapia e controlli continui. “Il tumore non è operabile. Vivo alla giornata, pensando alla mia famiglia. Mia moglie, instancabile infermiera, è la mia roccia. E poi i miei due figli, di 17 e 21 anni”. Dopo il periodo in caserma, ha cambiato vita, e per 35 anni ha lavorato come ragioniere in una ditta privata aretina. “Terminato il periodo di malattia, ho chiesto e ottenuto di lavorare mezza giornata. Non posso andare in pensione, devo continuare a mantenere la mia famiglia”, spiega.

Ieri, i familiari dei tre vigili del fuoco scomparsi sono tornati nella caserma di via degli Accolti per un incontro con l’onorevole Marco Simiani, che ha manifestato interesse per la vicenda. “Sembra che abbia preso a cuore la nostra storia. Ci ha voluto incontrare per conoscerla più a fondo per portarla in commissione ambiente con un’interrogazione parlamentare”, racconta Matteo Ralli, figlio di Antonio.

“Abbiamo ribadito la necessità di estendere lo screening a livello nazionale, non solo ad Arezzo e Bologna. Chiediamo inoltre che i vari comandi istituiscano un registro interno dei tumori tra i vigili del fuoco. Sappiamo che il numero effettivo dei casi è difficile da determinare: ci sono molti pompieri già deceduti o in pensione che potrebbero non essere stati conteggiati. Ma avere un registro sarebbe un primo passo per fare chiarezza”, sottolinea Matteo.

“Siamo consapevoli che le indagini che dovrebbero partire a breve richiederanno tempo e non porteranno risposte immediate. Ma non possiamo smettere di cercare la verità”.