Salvatore Mannino / Sergio Rossi
Cronaca

Vittima a 4 anni del Covid: il babbo, cassintegrato, la uccide e ferisce il fratellino

39 anni, chiuso in casa da settimane, senza lavoro, mette mano alla roncola: il bambino si rifugia dai vicini, lui si getta in un pozzo. Salvato: ma rischia l'ergastolo

La mobilitazione a Levane

La mobilitazione a Levane

Arezzo, 22 aprile 2020 - Anche lei, che a neppure 4 anni non doveva essersi resa conto di vivere nell’epoca sospesa del contagio, è in qualche modo una vittima del virus. Come i diciotto anziani delle vicine Rsa di Bucine e di Montevarchi, comuni fra i quali si divide il paesone di Levane, Valdarno aretino, zona opulenta e fortemente vocata alla produzione e all’export finché non è arrivato il Covid, dove un giovane padre ha sgozzato la figlioletta e ha cercato di uccidere anche l’altro suo ragazzo, 12 anni, che a stento ce l’ha fatta a scappare dalla furia assassina.

Delitto della pazzia, ma soprattutto delitto del virus, perché se è vero che la vita è tutto un equilibrio sopra la follia, Billal Miah, bengalese, 39 anni, operaio orafo, è scivolato dal filo dopo il lockdown che l’ha lasciato in cassa integrazione, con poche speranze e soprattutto pochi soldi, ogni giorno più preoccupato e depresso fino all’esplosione finale.

La villetta di mattoni marroni nel quale Billal ha consumato la sua mattina di ordinaria follia è in una zona tranquilla di Levane, non lontana dalla zona industriale fitta di capannoni e di aziende, piccole e grandi (ci sono anche alcune delle sedi di Prada) che fino a quaranta giorni fa rendevano l’economia locale pulsante di vita.

Quasi tutto chiuso adesso, quasi tutto sbarrato, come la fabbrichetta orafa nella quale lavorava il padre assassino, con un proprietario suo connazionale, uno dei tanti bengalesi e anche sikh che nella zona hanno fatto il grande salto da dipendenti a padroncini. La Srithi Legatura si occupava di lucidatura dei gioielli, una delle 1.200 aziende del distretto orafo aretino che adesso sono state travolte dallo stop alla produzione, con 10-12 mila occupati fermi.

Nè migliore è la situazione del distretto della moda cresciuto all’ombra di Prada, 800 aziende concentrate soprattutto in Valdarno, ora anch’esse sbarrate. È in questa situazione di forte sofferenza sociale, con la cassa integrazione di massa, che Billal non ha retto alla paura di vedere rovinato il suo piccolo benessere e si è svestito per uccidere. Sì, svestito, perché l’operaio, raccontano i vicini, era nudo quando si è precipitato fuori di casa, una mansarda maldivisa all’ultimo piano della villetta, per inseguire il figlio teenager che cercava di scappare alla sua rabbia insensata.

E che la sua preoccupazione derivasse dalla crisi del virus lo testimonia anche il datore di lavoro, quello che gli aveva pure affittato casa, fermo sul marciapiede con un ombrello che lo ripara dalla pioggia: «Prima non aveva problemi, la sua depressione era cresciuta negli ultimi quindiciventi giorni. So che la moglie aveva anche consultato un medico e che stava prendendo dei farmaci per curarsi».

Ieri mattina, quindi, ha aspettato che la moglie uscisse per fare la spesa, poi si è armato di una specie di roncola, un coltellaccio bengalese recuperato poi dai carabinieri nel pozzo dietro casa, e si è lanciato contro la bimba, che forse non ha avuto neppure il tempo di capire che la stavano sgozzando in un rituale da tempi ancestrali. Poi ha rivolto il coltellaccio contro il figlio, che però alla sua età ha capito eccome.

Ha capito ed è scappato, chiedendo rifugio ai vicini del piano di sotto, i quali ne hanno sentito le urla disperate, salvo poi vedere il padre nudo che correva verso il pozzo e ci si buttava dentro a capofitto. Probabilmente era convinto di chiudere così un omicidio-suicidio, di soffocare nella morte la paura di non poter più mantenere i figli.

Invece l’hanno ripescato i vigili del fuoco, chiamati dai carabinieri, a loro volta allertati dal vicinato. Ora è in ospedale come il ragazzo, ma entrambi non sono gravi. Forse già oggi il padre sarà dimesso e finirà in carcere, a Sollicciano, accusato di omicidio e tentato omicidio, aggravato dalla parentela. Un delitto da ergastolo, un delitto dei tempi del virus.