LUCIA BIGOZZI
Cronaca

Voltano le spalle al pronto soccorso. Il dietrofront scatta dall’università. Zanobetti: "Ma ci sono passi in avanti"

La carenza di forze nel 118 parte da lontano: ci sono specializzazioni più remunerative sul lato privato. Le richieste fioccano invece per la chirurgia estetica, la dermatologia, l’oculistica. Come invertire il trend.

Maurizio Zanobetti, direttore del Pronto soccorso del San Donato

Maurizio Zanobetti, direttore del Pronto soccorso del San Donato

"Moriremo tutti di sepsi, o di embolia polmonare ma con la pelle perfetta e la vista buona". Il refrain rimbalza tra le sale dell’hub in stile ER. Appena rimesso a nuovo, con macchinari tecnologicamente avanzati, sedici postazioni nell’open space che consentono un monitoraggio costante dei pazienti, dai casi più critici a quelli in osservazione. Refrain che riassume, con una buona dose di amarezza, il "clima" tra i camici. Qui si salvano vite, si corre per risolvere problemi grandi e piccoli. Anche se, ironia della sorte, quelli più piccoli stanno "sconfinando" e rappresentano ormai oltre la metà dei codici di accesso. In media 200 persone al giorno varcano la soglia del Pronto soccorso del San Donato: più del 50 per cento non dovrebbe stare in queste sale. Il Pronto soccorso come l’ambulatorio di un medico di famiglia? Sta andando così ma non dovrebbe. E se si riempie di casi che non hanno il carattere dell’urgenza, l’attesa si allunga e la macchina del pronto intervento lavora per funzioni diverse da quelle della vocazione originaria.

Ma accanto agli accessi "impropri", c’è un altro tema che riguarda tutte le strutture dell’emergenza-urgenza da un capo all’altro dell’Italia e che ha i suoi riverberi pure sul San Donato. C’è una tendenza che negli ultimi anni sta diventando quasi "la regola": sempre meno specializzandi scelgono la "grande famiglia" del 118 e del Pronto soccorso per trasformare in lavoro ciò che hanno studiato. E il problema non è da poco: sta a monte, cioè nelle scuole di specializzazione, a corto di iscrizioni di giovani decisi a lavorare nell’hub dell’emergenza. Lo rileva Maurizio Zanobetti, che guida la struttura del San Donato e ogni giorno condivide gioie e dolori insieme alla squadra di professionisti: medici e infermieri. Un team motivato ma certo alle prese con gli effetti di numeri insufficienti a coprire la richiesta, che cresce senza freno (sopratutto nella parte degli accessi impropri). "Il personale medico da assumere è sempre più raro da trovare. La Asl ci sta dando una grande mano perchè sta assumendo 95 infermieri su tutta l’area vasta della Asl e di questi 33 sono destinati al nostro ospedale, la maggiorparte sarà impegnato in Pronto soccorso". Una boccata di ossigeno per Zanobetti che si trova a gestire partenze e arrivi dei camici bianchi, che come ogni professione, migrano per vari motivi. Come due professionisti che traslocano in altre Asl; come due specializzandi in squadra. Tra questi, Lorenzo Parmeggiani che nell’articolo qui a fianco racconta la sua esperienza e spiega perchè, quasi in controtendenza con i suoi colleghi, ha scelto di specializzarsi in medicina d’urgenza. "Nella scuola di specializzazione solo il 30 per cento dei posti disponibili riguarda l’emergenza-urgenza; per il resto i giovani sono più orientati a discipline quali la chirurgia estetica, la dermatologia, l’oculistica. La tendenza, in sostanza, è a formarsi su settori che prevedono uno sbocco professionale che nel privato".

Un doppio canale per gli specializzandi, che tuttavia può creare "turbolenze" negli assetti di dipartimenti strategici come quelli del Pronto soccorso. Il paradosso, è che senza "l’invasione" dei codici minori, pazienti che dovrebbero andare nell’ambulatorio del medico di base, i camici in corsia non sarebbero in sofferenza.