
Ambulanti
Arezzo, 14 luglio 2015 - Li chiamereste vu cumprà? A sentire i loro racconti sembrerebbero piuttosto un esercito di piccolissimi imprenditori. Sono quelli che ti fermano per strada proponendoti la loro merce: fazzolettini di carta, mollette per il bucato, perfino calzini. Praticamente impossibile fare una passeggiata nel centro di Arezzo senza imbattersi in qualcuno che venga a proporti l’acquisto di qualcosa.
A volte, fermi ai tavolini di un bar, capita di essere chiamati in causa anche da quattro, cinque soldati di questo esercito votato alla sopravvivenza. Vengono dalla Nigeria, così ci raccontano, l’età è variabile ma si aggira attorno alla trentina. Tutti dichiarano di lavorare in proprio, senza nessuna sorta di «organizzazione» alle spalle cui rendere conto: «Compro queste cose ai magazzini cinesi e poi le rivendo», dicono praticamente all’unisono. I magazzini cinesi di cui parlano si trovano a Prato, dove vive la maggior parte di loro; qualcuno arriva anche da Pistoia, in ogni caso nessuno risiede in città. La giornata inizia al mattino presto, arrivano ad Arezzo con il treno e cominciano a girare per le strade con le loro cose da vendere. Le facce sono sempre le solite, dopo qualche tempo impari a chiamarli per nome. In centro, a spanne, ci si imbatte sempre nella solita decina di volti, al massimo una quindicina. Ma, per quanto il centro sia il luogo privilegiato, non è l’unico posto dove è possibile trovarsi a tu per tu con qualche venditore improvvisato. Gettonatissimi sono anche i parcheggi, in particolar modo quelli dei centri commerciali, anche qui per ogni postazione ce ne sono almeno quattro, il che fa salire il numero totale a una quarantina e oltre. Aspettano di vendere, insomma, in ogni luogo nel quale ci si possa imbattere in un flusso di persone più ampio. Quanto guadagnano? Quelli che abbiamo incontrato dichiarano tutti tra i 15 euro e i 20 euro ma qualcuno anche qualcosa in più «specialmente nei giorni di festa», dicono.
Già, perché nella contabilità va tenuto conto anche di questo, nei giorni per noi festivi, quelli che un tempo avremmo chiamato «vu cumprà», prendono d’assalto i luoghi della festa e incontrano più gente. Il che si traduce in maggiori guadagani. Tutti giurano di avere i documenti, anche se difficilmente affermerebbero il contrario. Al di là di quanto raccontato, resta il fatto che una sorta di organizzazione sembra esistere, che sia interna alla piccola comunità di nigeriani oppure esterna: arrivano e partono tutti insieme e ognuno ha la propria zona di competenza. La sera, ad esempio, quelle facce così familiari di giorno non si trovano più. Nelle ore buie ci si imbatte in un altro tipo di venditori ambulanti: quelli che battono a tappeto ogni ristorante cercando di vendere le loro rose. Praticamente tutti sono originari del Bangladesh e anche loro dichiarano di essere lavoratori in proprio. Chilometri e chilometri a piedi o in bicicletta ogni sera per cercare di vendere qualche rosa oppure di accaparrasi lo stesso qualche spicciolo con le mance che spesso allunga anche chi non compra niente. A differenza degli ambulanti nigeriani, in questo caso vivono ad Arezzo e molti sono integrati nella comunità. Facce e volti di un’economia parallela ma, soprattutto, di un’umanità in cerca di riscatto o della grande occasione.