Arezzo, 9 ottobre 2016 - E' morto da quasi quarant’anni e i giovani aretini manco sanno chi fosse il Bonicioli. Se invece chiedete di lui a un aretino un po’ anzianotto vedrete che quello comincia subito a raccontare mentre il viso gli si illumina in un largo sorriso. Perché è impossibile parlare del Bonicioli senza sorridere, anzi, senza che scappi un po’ da ridere. Il Bonicioli era uno scienziato, o almeno così lui si definiva.
All’ingresso del suo studio, al 41 di via Mazzini, si poteva leggere questo avviso: “A norma di legge è proibito a qualsiasi persona entrare nel laboratorio dello Scienziato Bonicioli, onde evitare di disturbarlo”. Ma oltreché uno scienziato il Bonicioli era un “inventore”. Numerose e celebri le sue “invenzioni”: pensiamo, per dirne una, al dispositivo per gonfiare le ruote della bicicletta continuando a pedalare.
Molte di quelle invenzioni avevano a che fare con l’aria, col cielo, con lo spazio, forse a rivendicare, lui di origine rumena, la sua diversità dagli aretini in mezzo ai quali viveva, gente concreta e terragnola. La prima di queste invenzioni fu la “bomba benefica” che delle bombe vere aveva solo l’aspetto visto che cadendo, anziché esplodere e seminare morte e distruzione, rilasciava un fluido speciale, “un siero dell’amore” particolarmente efficace per gli ultra-cinquantenni, una sorta di Viagra anni ’50 di cui non si seppe mai l’efficacia perché le autorità non vollero rilasciare l’autorizzazione al suo lancio.
Forse per ripicca il Bonicioli inventò allora una bomba di genere opposto, la “bomba mitraglia”, un ordigno micidiale che, sganciato da un aereo, una volta toccato il suolo si sarebbe messo a smitragliare all’impazzata a 360 gradi seminando la morte e il terrore fra le fila nemiche ma anche con questa invenzione le autorità, inizialmente interessate, si mostrarono poi alquanto freddine.
Ancora: siamo negli anni dei primi satelliti artificiali; i sovietici mettono in orbita lo Sputnik, gli americani l’Explorer. Il nostro scienziato ogni volta viene preso da un’irresistibile smania di emulazione e dalle finestre di via Mazzini lancia anche lui i suoi razzi. Oddio, lancia… In realtà, come raccontano i vicini che ancora lo ricordano, scoppiettii, qualche bagliore, molto fumo ma nessun decollo. È poi di quel periodo il progetto del missile “calmo” che avrà solo funzioni esplorative e che per evitare di incendiarsi per l’attrito con l’atmosfera viaggerà a bassa velocità.
L’energia propulsiva sarà fornita da una “calamita stratosferica” e il percorso sarà pilotato da “elettroni cosmici”. Il progetto non sarà però finanziato dalle solite autorità (in)competenti ma molti aretini avranno modo di osservare, nei pressi di piazza Sant’Iacopo, una grossa matita lunga tre metri e mezzo e di venti centimetri di diametro: il prototipo del geniale attrezzo.
Ma il suo capolavoro è un altro. Nel 1956 esce il film “Il mago della pioggia” interpretato da Burt Lancaster nei panni di Starbuck, un individuo che, munito di chiacchiera e di strani attrezzi, gira per i ranch del Kansas dicendo di poter provocare la pioggia e chiedendo per questo un compenso di 100 dollari. Pare che personaggi simili si aggirassero veramente in quei territori in cui la siccità costituisce un serio problema per gli allevatori di bestiame. Ma in Italia, da quest’altra parte dell’oceano, il problema è opposto.
C’è stata da poco l’alluvione del Polesine e la cosa più importante è scongiurare l’eccesso di pioggia, non già provocarla. Ecco allora il Bonicioli impegnato nella realizzazione della macchina per il “tempo bello”. Il nome scientifico del dispositivo è “Dissolvitore atomico B.G. chimicoelettromagnetico contro alluvioni”. Una prima versione del Dissolvitore viene sperimentata in Fortezza alla presenza di giornalisti, di operatori TV e di curiosi. L’esperimento però non riesce perché, spiega lo scienziato, le nuvole da disintegrare sono giunte contro l’apparecchio trasversalmente e quindi in maniera sbagliata.
La versione perfezionata del 1957 si presenta come una grossa palla metallica montata su un cavalletto, piena di cavi elettrici e di protuberanze; su un lato si trova la torretta per l’acqua, sull’altro quella per il fuoco, sopra un’antenna punta verso il cielo. All’accensione, il congegno emette un forte ronzio e lampadine rosse e verdi si accendono a intermittenza. Per il suo corretto funzionamento è importante la presenza di “pionieri atomici”, un gruppo di bambini con uno speciale copricapo e una paletta in mano.
Su ogni paletta una scritta: in rumeno, jugoslavo, turco, greco, bulgaro. Quella in rumeno recita “timpùl bun” ovvero “tempo buono”. Un’ultima cosa. Durante gli esperimenti il Bonicioli indossa un copricapo che lo fa sembrare una via di mezzo fra un antico romano e un marziano. Sul davanti del copricapo sono stampigliate tre lettere, B S G, che stanno a significare “Bonicioli scienziato Giorgio” oppure, in un contesto meno termonucleare ma più aderente alla realtà “Bevo soltanto Grappa”.
di Sergio Castrucci