Marco Corsi
Cultura e spettacoli

Parte da Cefalonia l'ultimo libro dello scrittore valdarnese Filippo Boni

“L’ultimo sopravvissuto di Cefalonia”, raccolta l’incredibile storia di Bruno Bertoldi, 101 anni, che ha vissuto i lager nazisti e i gulag sovietici. Il libro presentato a Pordernone.

Boni e Bertoldi

Boni e Bertoldi

Arezzo, 24 settembre 2019 - Filippo Boni non si ferma. L’attuale vice sindaco di Cavriglia, ma in questo caso in veste di scrittore e storico, ha scritto un altro libro che potrebbe ripercorrere le orme della sua prima fatica letteraria, “Gli Eroi di via Fani”, che ha avuto un successo straordinario. Boni è balzato di nuovo agli onori della cronaca grazie al suo nuovo volume, “L’ultimo sopravvissuto di Cefalonia”, che raccolta l’incredibile storia di Bruno Bertoldi, 101 anni, che ha vissuto i lager nazisti e i gulag sovietici. Un uomo che ha attraversato tutti gli orrori del Novecento. Il volume, edito da Longanesi, è stato presentato venerdì scorso a Pordenone in occasione della rassegna letteraria “Pordenone Legge”. Filippo Boni, vice sindaco di Cavriglia, giornalista e storico, studiando i percorsi compiuti dall’esercito nazista durante la seconda guerra mondiale, si è imbattuto nella straordinaria storia di Bruno Bertoldi, sergente della Divisione Acqui, che scampò miracolosamente alla strage di Cefalonia nel settembre del 1943 e che sopravvisse anche, da prigioniero, ai lager nazisti ed ai terribili gulag sovietici, tornando a casa solo nel Natale del 1945.

Bertoldi ha 101 anni e ha raccontato a Boni, con una lucidità eccezionale, ma sua storia di vita. Il libro, che è già in libreria, sarà presentato nelle prossime settimane anche in Valdarno, in una serie di appuntamenti ancora da definire. Potrebbe essere presente in alcuni di questi anche lo stesso Bertoldi. L’eccidio di Cefalonia del settembre 1943 sembra oggi lontanissimo, ma è ancora prepotentemente vivo nei suoi occhi. E lui, cento anni compiuti il 23 ottobre 2018, è rimasto l’ultimo a poterlo raccontare. In quei giorni, migliaia di soldati italiani della Divisione Acqui vennero trucidati dai nazisti. Bertoldi riuscì miracolosamente a fuggire, ma fu subito catturato dai tedeschi e portato ad Atene. Da qui venne caricato su un treno diretto allo stalag di Leopoli, in Ucraina. La Wehrmacht cercava meccanici e Bertoldi fu destinato a un deposito di panzer, auto e moto a Minsk, in Bielorussia.

Dopo una fuga rocambolesca, lui e altri tre italiani furono presto catturati dai partigiani polacchi che dopo un periodo di lavori forzati li consegnarono ai russi. Ebbe così inizio una terribile marcia per centinaia di chilometri, anche a trenta gradi sotto zero, finché, una volta arrivati a Mosca, vennero trasferiti nell’infernale gulag di Tambov, dove in gelide caverne scavate sottoterra Bertoldi vide morire migliaia di soldati italiani. Nella primavera del ’45, fu spedito a seminare e a raccogliere cotone, in condizioni estreme, nel gulag di Taškent, in Uzbekistan. Nell’ottobre 1945, venne caricato su un carro be¬stia¬me e finalmente mandato a casa, a Castelnuovo Valsugana, dove arrivò, ormai ridotto al lumicino e con la malaria, soltanto la notte di Natale.