
Bertelli con Prada mette a segno un’operazione strategica
Arezzo, 12 aprile 2025 – “Un’altra operazione di successo”, dice Beppe Angiolini dal quartier generale della boutique-museo Sugar. “Grazie a Prada, Versace torna in Italia, è un marchio storico ora avviato verso un nuovo corso”, rilancia Franca Binazzi, dalla tolda di comando della sua azienda, Bilò, a Levane: diciotto dipendenti e ordini in crescita nonostante la fase di rallentamento del sistema moda. Lei lavora da vent’anni con Versace “ci ha scelti per la qualità della nostra manifattura: produciamo corsetti, top, body in jersey, oltre alla linea bambino, circa tremila pezzi all’anno”.
E con Prada tesse la tela di una collaborazione ormai rodata. “È Un marchio amato in tutto il mondo e un’azienda capace di sperimentare, con una grande propensione all’innovazione e un impianto organizzativo impeccabile che consente anche a noi di lavorare al meglio”. E sulle ricadute per la filiera aretina della moda, ancora sull’altalena di una fase di incertezza, Binazzi è netta: “Sono convinta che ci saranno effetti positivi per le nostre imprese, Prada che ha l’azienda-madre in Valdarno saprà valorizzare e rilanciare un marchio che negli anni, aveva perso un pò del suo smalto. Bertelli e Miuccia Prada lo riporteranno sul podio della moda italiana, migliorandolo e reinterpretandolo pur nella continuità”.
Dal palazzo con gli antichi mosaici, proprio a un passo dagli abiti glamour delle griffe più celebri che “danzano” sulle vetrine di Corso Italia, in un continuum sorprendente tra passato e presente, Beppe Angiolini legge l’acquisizione di Versace come la conferma della “visione attraverso la quale Bertelli e Miuccia Prada hanno cambiato la moda”.
Come? “Portando un tratto culturale molto forte, un’impronta chic, uno stile elegante, ma senza eccessi. Non a caso i brand Prada e Miu Miu sono i più cool e forse i più richiesti al mondo, proprio per la visione internazionale che esprimono. Sono molto bravi nella sperimentazione e hanno una visione estetica che altri non possiedono”.
Non ha dubbi l’imprenditore-stilista aretino sull’esito dell’operazione che “non è solo business, bensì afferma la nostra identità, l’identità della cultura italiana”. E sul piano strettamente economico, acquista “un valore importantissimo perché segna un punto di svolta: Bertelli e Miuccia Prada hanno creato un Gruppo italiano che finora non esisteva, mentre ci sono i Gruppi stranieri che vengono a fare acquisti nel nostro Paese. Con questa acquisizione, infatti, si innesta un cambio di paradigma che apre una nuova pagina nella storia della moda italiana”.

Effetti sulla rete di aziende aretine che lavorano per le Maison della moda: Angiolini calibra l’analisi a medio termine: “Sicuramente avrà ricadute positive sul nostro sistema produttivo perchè in prospettiva potrebbe contribuire ad aumentare i livelli di produzione nelle aziende, generando nuove opportunità”. Il fil rouge parte e torna ad Arezzo: lì dove Patrizio Bertelli negli anni ’70 inventò la “rivoluzione” delle cinture per jeans creando Sir Robert e da lì allargando l’orizzonte imprenditoriale con altre acquisizioni per potenziare il raggio d’azione. In quegli anni era riuscito a mettere sul mercato un’azienda che dava lavoro a settanta persone.
È stato quello, in un certo senso, il primo giro di boa che lo ha portato da una carriera forse già scritta nel suo destino, nello studio legale del padre, al gotha della moda, non solo nazionale. L’unione con Miuccia Prada è stata il sigillo di una storia di famiglia ancorata alle sue radici. E Bertelli ora restituisce alla città ciò che ha ricevuto nella sua formazione: gli investimenti sui Costanti, la Buca, Palazzo Carbonati, la donazione per il restauro della Pieve sono i tasselli di un puzzle ancora non chiuso.