
Softair
Arezzo, 16 marzo 2015 - MIMETIZZATI nella foresta o nel fango della trincea, adulti e bambini si danno battaglia a colpi di pallini di plastica. E’ la nuova moda che sta prendendo campo in Italia e si sta diffondendo anche nell’aretino. E’ una delle ultime mode in voga, basta domeniche passate davanti alla tv spaparanzati sul divano. Ora si cercano adrenalina, movimento e divertimento. Complici forse le lunghe, sempre più faticose, giornate lavorative (per chi un lavoro ce l’ha), o lo stress per chi un impiego invece lo sogna. Fatto sta che le statistiche parlano chiaro, gli italiani cercano sempre più nuovi ed elettrizzanti passatempi. C’è chi si butta con il paracadute, chi fa rafting e chi sceglie il softair, la guerra simulata. Sono sempre di più gli aretini che almeno una volta si sono svestiti dei panni civili, indossando quelli militari per giocare alla guerra. «Fino a 120 persone a week end» - ci spiega Christian Unger, presidente della società sportiva «Fighting Black Sheep» a Reggello, con tanto di barricate, fortini, ponte sospeso. «L’idea dell’associazione è nata dopo una notte insonne. Agitato perché non trovavo lavoro, mi è venuta l’illuminazione, ho pensato di mettere in campo quello che sapevo fare, avendo avuto esperienze nell’ambito militare. Nel softair il carattere civile si esprime nel divertimento, nello «scontrarsi» con amici, nel «fuggire» per non essere catturato, una sorta di guardia e ladri dei più piccoli. Quello militare invece sta nella simulazione dei movimenti». Per iniziare bastano 25 euro per un fucile e l’iscrizione, ma c’è chi arriva a spenderne molti di più per l’equipaggiamento più sofisticato. L’attrezzatura si acquista sul web o nei negozi che stanno nascendo come funghi. A proteggere i giocatori ci pensano occhiali ed elmetti. Le regole del gioco sono semplici: nessun contatto fisico e chi viene colpito deve «dichiararsi» e abbandonare il campo di gara. Vince la formazione che resta in vita o che arriva ad un traguardo prefissato, come la conquista di un fortino. Ma proviamo a tracciare il profilo del giocatore tipo. « Negli ultimi anni ai giovani e alle persone adulte si sono uniti anche i ragazzini. Capita spesso di avere bambini di 8 o 9 anni che arrivano al campo con le famiglie» - spiega Christian. Si corre, ci si nasconde, si decidono le tecniche di assalto o di difesa. Tutto con grandi sorrisi e divertimento. E poi, alla fine, stanchi ma elettrizzati, capita anche di terminare la giornata insieme, magari con una bella «mangiata».