
Motta al Mengo
Arezzo, 13 luglio 2019 - Non urla, non alza i toni, non beve birra sul palco, non fa le corna con le dita se non quando il pubblico lo reclama. Francesco Motta lancia sul palcoscenico incandescente del Mengo, almeno settemila persone anche ieri sera soprattutto nel gran finale di Myss Keta in maschera, il cantautore della porta accanto,
E' alla sua seconda performance aretina, nella prima si era accontentato di una sedia e di una chitarra e a occhio hai l'impressione che sia quello il suo habitat naturale: le sue canzoni sono sussurri, i suoi testi profondissimi, tantpo guadagnarsi ogni anno la nomination al Tenco più o meno come Meryl Streep si guadagna quelle agli Oscar,. Per manifesta inferiorità degli avversari.
Ma non è un "Fast Animal" nè un animale notturno: è un cantautore, che gioca in equilibrio sui grigi prima ancora che sui colori dei sentimenti umani. Il suo grido più acuto è quello di Sanremo, riproposto anche al Mengo, "Dov'è l'Italia amore mio". Il grido del migrante che in mare vede e non vede la terra che desidera, che rischia di mortire prima di toccarla o di baciarla.
In epoca di porti chiusi coglie la speranza e insieme l'illusione di chi arriva, complicato da trasfondere in un botta e risposta con il pubblico, nell'invito ad alzare le mani, a battere i piedi, a farsi sentire.
Pubblico tra il quale c'è, fedelissima e come Nanni Moretti abituata a mettersi in un angolo ma tanto la notano tutti lo stesso, la fidanzata Carolina Crescentini. Lei, la dirigente-manager di "Generazione mille euro" confusa tra la generazione "0 euro", quei giovani che si arrabattano per un lavoro e tra mille porte chiuse.
Dal suo punto di vista l'empatia fatta persona. Non solo si concede ai selfie, ma addirittura li fa lei se l'ammiratore è un po' imbranato o bloccato dall'emozione. "No, non mi sono stancata di seguire Francesco, lo faccio ogni volta che posso".
Una prova d'amore che lui ricambia dal palco, "In mezzo c'è l'amore della mia vita: come sono andato amò" non grida ma come al solito sussurra al microfono. Ha un'espressione sola ma buona per tutte le occasioni anche fa a cozzi poi con i suoi testi dalle mille parole e nessuna casuale. Ma l'amore buca anche la folla e il consenso di lei passa dal mixer al palco.
"Arezzo? E' una città bellissima: ed è bella la mostra che hanno dedicato a Francesco". Piero non se ne abbia male, Carolina non preferisce quelle stanze agli affreschi per motivi artistici, anche se le apprezza davvero e parecchio, ma per amore, solo per amore.
"Ed è straordinaria piazza Grande" riparte, mettendo finalmente in buona compagnia la mostra di via Cesalpino, a Camere Civico 15: un'idea, l'ennesima, della regina delle pulci Silvia Ciarpaglini, che Motta ringrazia addirittura dal palco, dandole l'abbrivio così a chissà quale altra futura invenzione.
Nove stanze, otto in più del potenziale di espressioni del cantante (forse Carolina in questo potrebbe aiutarlo...) ma tante meno delle parole curatissime e meticolose che continuano a cadere dal palco, insieme alle bacchette lanciate verso il pubblico.
"Ora sono impegnata a girare una fiction Tv sul carcere minorile a Palermo" spiega Carolina. Regia di Carmine Elia, che al suo "attore feticcio" Carmine Recano stavolta unisce l'attrice, che nel piccolo schermo era stata protagonista tra l'altro di Lampedusa, quasi presagendo la canzone che avrebbe scritto il suo Francesco.
Francesco che dal palco ringrazia su tutti Andrea Gallorini: e tutta la band, che con ampi spazi strumentali trasforma il concerto "sussurrato" di piazza Grande in un evento da Mengo.
Mengo che buca di gran lunga la mezzanotte e ora si prepara al gran finale, quello di stasera, per mano a Lodo e agli Zen Circus, che riportano sul palcoscenico gli ottoni aretini e gli sbandieratori, sorta di passerella d'onore ad un festival che continua a piccoli passi la sua crescita ma che al bis ha già segnato un'escalation di spettatori da brividi.
Il Prato si prepara a spegnere i riflettori per passare la mano ad altre location della città. Si gode le ultime ore, sul tetto del centro, da dove forse si riesce ad avvistare meglio "dov'è l'Italia, amore mio"