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Saronni: il tricolore dell’80 e da lì Arezzo nel destino

Quarant’anni fa, Beppe vinse il campionato italiano in via Giotto: "Un ricordo bellissimo e cominciò a crearsi il rapporto con la famiglia Del Tongo"

di Fausto Sarrini

"Sono passati 40 anni dalla mia vittoria nel campionato italiano ad Arezzo? Quanto tempo, ma i ricordi sono bellissimi e lo rimarranno sempre".

Giuseppe Saronni, campione vero, completo, 199 vittorie nel palmares con due Giri d’Italia, un Mondiale, una Sanremo, un Lombardia, una Freccia Vallone, solo per citare quelle più prestigiose, il 22 giugno 1980 conquistò ad Arezzo la maglia tricolore. Ascoltiamo Saronni: "Venivo da un Giro d’Italia in cui ero andato forte, vero che non avevo curato la classifica, con Hinault che era formidabile, ma vinsi ben sette tappe, su tutti i terreni, volata, salita, cronometro. Arrivai nell’Aretino ospite della famiglia Del Tongo con cui poi vissi gli anni più belli. Il quartier generale era a Vitereta, io e il mio gruppo storico, in testa Ceruti, ci allenammo molto bene".

Poi la corsa...

"Le motivazioni erano fortissime per conquistare la maglia tricolore. In quel periodo ero alla Gis, ma già si stava creando un bel rapporto con Stefano, Pasquale Del Tongo e il 15 giugno, una settimana prima, venne liberato Francesco, figlio di Pasquale, che era stato rapito. Volevo vincere ma facendo qualcosa di speciale".

Il campione lombardo prosegue: "Non c’era il mio grande rivale Moser, ma in quel periodo non stava bene, infatti si era ritirato dal Giro e poi su un circuito duro, con lo Scopetone da ripetere più volte, Baronchelli e Battaglin erano più pericolosi. All’ultimo giro fu proprio Baronchelli a provare l’assalto, riuscii a contenerlo, con noi rimasero Battaglin e Beccia. Dopo la discesa c’era lo strappetto del Torrino. Potevo vincere in volata a quel punto, ma come ho detto avevo motivazioni tali da voler lasciare il segno e scattai col lun go rapporto guadagnando cento metri, gli inseguitori un pò stanchi, indugiarono e volai verso il traguardo di Arezzo, proprio dove oggi c’è la villa Del Tongo. Il valore degli avversari, Battaglin secondo e Baronchelli terzo, che erano corridori veri, dette ancora più prestigio al mio successo".

Da quel momento un filo indissolubile ha legato Saronni alla nostra città: "Ho corso con la Del Tongo dal 1982 al 1988 e il periodo più bello sono stati i nove mesi fra settembre ’82 e giugno ’83 quando conquistai campionato del mondo, Lombardia, Milano-Sanremo e Giro d’Italia. Alla famiglia Del Tongo sono rimasto sempre legatissimo. Stefano purtroppo non c’è più ma è sempre nel mio cuore, e Pasquale con cui ci sentiamo spesso e ci vediamo anche".

I corridori che ti hanno colpito di più?

"Hinault su tutti, un fuoriclasse assoluto con cui avevo un buon rapporto, De Vlaeminck, che andava fortissimo dappertutto ed ha vinto tutte cinque le classiche monumento e Maertens, l’unico capace di azionare il "54". Soprattutto fino alla caduta del Mugello nel ’77, in certe corse era quasi imbattibile".

Il ciclismo di oggi?

"Ci sono giovanissimi di grande valore, peccato non italiani. Rispetto ai miei tempi è più internazionale ma i primissimi della mia epoca erano più forti di quelli di adesso".

Saronni è da tempo un apprezzao dirigente, ora con la Uae Emirates.