AGNESE PINI
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Donne e violenza. Le parole sbagliate

Il commento del direttore de La Nazione Agnese Pini

Firenze, 11 agosto 2019 - La premessa da fare è questa, ed è pura cronaca, puri numeri: nella settimana che ci lasciamo alle spalle, in Toscana ci sono stati due stupri e un tentato stupro. Le vittime erano ragazze giovani o giovanissime – 19, 21, 28 anni – i loro aggressori per fortuna sono stati arrestati.

Altri numeri: sempre in Toscana, sei donne ogni giorno si rivolgono a un centro anti violenza. Che vuol dire violenza domestica, violenza sessuale, fisica, piscologica. Vuol dire che qualcuno ha picchiato una donna, oppure l’ha stuprata, l’ha minacciata, molestata, sfregiata, ha postato le sue foto private su internet, l’ha perseguitata. Vuol dire che se incontrate una donna – su un autobus, seduta in un ufficio, in fila al supermercato – è molto probabile che almeno una volta nella sua vita sia stata vittima dell’abuso, sopruso, violenza, minaccia di cui sopra. Sei denunce al giorno: non sono tutta la casistica, solo quella che viene alla luce. Il resto è solitudine, è silenzio, è sommerso. Fine della premessa. Ora, non voglio dilungarmi nel ribadire che numeri del genere sono inaccettabili.

Do per scontata anche la tiritera sull’esigenza di cambiare le cose, sensibilizzare meglio, applicare con più coerenza le pene. Uso invece le poche righe di questa pagina de La Nazione per un appello: ecco che cosa non dobbiamo fare, uomini e donne. Non ci chiediamo se la vittima beveva, si drogava, era una ragazza espansiva, simpatica, amante della vita notturna, ingenua, molto bella o solo graziosa. Non cediamo alla tentazione troppo facile di dire «è stato un raptus», quando parleremo di una fidanzata uccisa dal fidanzato, né commentiamo con il solito «era un bravo babbo rispettato da tutti», quando faremo il ritratto del padre che ha pugnalato la madre dei suoi figli. Non sottolineiamo che «erano sempre stati una bella coppia» e che «lui la amava tantissimo» quando racconteremo del nuovo femminicidio, o triste caso di una mamma, moglie, donna, ragazza ammazzata dentro le mura di casa. All’estremo opposto, non crogioliamoci nel descrivere queste donne come piccole creature angelicate, lasciando intendere che dunque non meritavano di morire: le donne possono drogarsi, bere, essere borderline, stare ai margini. E se questa idea ci fa strizzare gli occhi, storcere il naso, alzare le spalle: non facciamolo più. Non sono loro che stiamo giudicando.