MANUELA PLASTINA
Cosa Fare

"Il miracolo di don Milani". Così cambiò la scuola e riuscì ad aprirla a tutti

La lezione agli studenti del professor Ichino, testimone degli anni di Barbiana "Il difetto della riforma sta nell’inadeguatezza della formazione dei docenti".

"Il miracolo di don Milani". Così cambiò la scuola e riuscì ad aprirla a tutti

"Il miracolo di don Milani". Così cambiò la scuola e riuscì ad aprirla a tutti

L’attualità del messaggio di don Lorenzo Milani, nel centenario della nascita, è nel ricordo di un testimone diretto del priore di Barbiana e del suo modo di vivere e pensare la scuola: tanti studenti delle superiori, ieri in consiglio regionale, hanno incontrato Pietro Ichino, professore e avvocato. Conobbe don Milani giovanissimo. Un’esperienza che gli ha cambiato la vita e che ha raccontato nell’incontro ’Il miracolo sconosciuto di don Lorenzo Milani. La parola e la scuola’ organizzato dal Premio letterario internazionale Ceppo e dal presidente del premio Paolo Fabrizio Iacuzzi.

Professore, come ha conosciuto Don Milani?

"Lo incontrai per la prima volta a 10 anni, nell’aprile 1959, quando venne a Milano ospite dei miei genitori, con i suoi primi sei allievi, per far conoscere loro la grande città. Per quella settimana i miei mi tolsero da scuola per consentirmi di partecipare alla visita sotto la sua guida".

Come e quanto ha cambiato questo incontro la sua vita?

"Ha inciso molto. Don Lorenzo mi fece percepire l’entità del privilegio di cui godevo per il fatto di appartenere a una famiglia colta, in una casa piena di libri. Mi disse: ’Fino alla maggiore età tutto questo non è peccato; ma da quando la compi, se non restituisci, tutto diventa peccato’. E per lui ’restituire’ significava principalmente dedicarsi all’insegnamento o alla difesa dei diritti dei lavoratori più poveri. È quello che mi proposi di fare".

Cosa è rimasto di Barbiana?

"Ha segnato una svolta per l’intera scuola media italiana. Fino ai primi anni ’60 era fortemente selettiva, classista. Chi non aveva alle spalle una famiglia colta, difficilmente riusciva ad accedere alla scuola media inferiore e, soprattutto, a superarla. La riforma s’ispirò molto all’idea milaniana della scuola come strumento principale di pareggiamento delle dotazioni di partenza dei cittadini".

Le cose, però, poi non sono andate esattamente così.

"Il difetto della riforma è consistito essenzialmente nell’inadeguatezza della formazione degli insegnanti e ancor più nel difetto di controllo sul modo in cui adempivano il loro compito importantissimo. Don Milani sosteneva che il voto doveva essere dato agli insegnanti, che dovevevano essere responsabilizzati sui risultati dell’insegnamento".

Don Milani paragonava l’amore degli insegnanti per gli studenti a quello dei genitori per i propri figli. Crede che nella scuola di oggi esista ancora questo legame?

"In molti casi sì: non è raro vedere insegnanti che praticano la ’diligenza’ dovuta intesa proprio come amore per i propri allievi. Ma nella maggior parte dei casi l’impegno personale degli insegnanti è assai meno coinvolgente; talvolta decisamente carente. E la struttura è incapace di valutare e distinguere".

Il motto ’I care’ dovrebbe essere ancora un monito per chi vuole fare politica?

"Dovrebbe essere il principio ispiratore di tutta la politica".

Professore, qual è il ’miracolo sconosciuto di Don Milani’?

"Barbiana, quando lui vi venne esiliato, era una pieve sperduta in mezzo alla montagna, senza luce, senza gas, senza neppure una strada carrozzabile per arrivarci. Ma, appena arrivato lì, acquistò lo spazio per la propria tomba nel piccolo cimitero sotto la chiesa: aveva già deciso che lì avrebbe trovato il senso della sua vita. Quindici anni dopo, Barbiana era già un faro".