Trentadue persone morirono bruciate. A causa di un gigantesco incendio innescato dal rilascio di gpl dopo il deragliamento di un treno merci avvenuto oltre 14 anni fa all’interno della stazione ferroviaria di Viareggio. Per quelle 32 morti il procuratore generale della Corte di Cassazione, Pietro Molino, ha chiesto ieri ai giudici ermellini di rigettare tutti i ricorsi delle difese e di confermare le condanne inflitte nel corso dell’Appello-bis ai 13 imputati fra i quali l’ex plenipotenziario delle Ferrovie italiane, l’ingegner Mauro Moretti (condannato a 5 anni) e il suo storico braccio destro, Michele Mario Elia (quattro anni e due mesi). Insieme a loro sono stati condannati tutti i dirigenti apicali italiani e tedeschi delle ditte coinvolte, Rfi, Trenitalia, Cima Riparazione, Gatx, proprietaria del carro merci, officina Junghental dove avvenne (o meglio non avvenne) la manutenzione dell’assile che, rompendosi, determinò il tragico deragliamento del treno. Nessuno di loro era in aula ieri mentre il Pg leggeva le sue richieste, ma tutti nell’appello bis – in base a diversi profili di colpa – furono riconosciuti responsabili di disastro ferroviario colposo. L’unico reato rimasto in piedi dopo che sono progressivamente andati in prescrizione le lesioni, l’incendio e l’omicidio plurimo (tutti colposi, ovviamente).
Ed è proprio sul fronte della prescrizione che si giocherà quest’ultima battaglia legale nel campo minato della Cassazione. Nei ricorsi che sono stati presentati (18 in tutto), le difese degli imputati hanno sottolineato che anche il disastro ferroviario colposo, a loro modo di vedere, è già andato in prescrizione. Da più di un anno, sottolineano. E pertanto chiedono (o meglio chiederanno e motiveranno in maniera più dettagliata nella prossima udienza già fissata per il 18 dicembre) che le sentenze di condanna vengano annullate. Come se venisse passato un colpo di spugna su oltre 10 anni di processi, dibattimenti, sentenze e ricorsi, costati chissà quanto alla collettività. Una prospettiva che terrorizza i familiari delle vittime, il cui dolore non potrà mai andare in prescrizione. E che per questo hanno dato vita a un presidio di 32 ore (tante quante sono state le vittime di questa sciagura) una settimana fa a Firenze e che anche ieri mattina hanno manifestato davanti al Palazzaccio di Roma che ospita la Corte di Cassazione. Ieri hanno concluso i loro interventi anche gli avvocati di parte civile. I lavori riprenderanno, come detto, lunedì 18 dicembre con le arringhe difensive. Che si prolungheranno anche al 15 di gennaio, quando forse sarà scritta la parola fine su una delle più tragiche sciagure italiane del dopoguerra.
Paolo Di Grazia
Martina Del Chicca