IRENE PUCCIONI
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Infermiere spiate sotto la doccia. Flash mob con le sciarpe rosse: "Violate sul lavoro nell’intimità"

Si allunga l’attesa delle operatrici sanitarie dell’ospedale di Empoli: prima udienza in tribunale . Ma il processo è stato rinviato per un vizio di notifica. Si parte tra novanta giorni. .

Una lunga attesa fuori dai cancelli prima di entrare in aula. Un’udienza durata pochi minuti, perché il giudice ha rinviato tutto al 17 giugno. Ma esserci era importante, perché come recitava un cartello che si erano portate dietro "ogni volta che una donna lotta per se stessa, lotta per tutte le donne". Erano diciotto le infermiere che ieri mattina, con un foulard rosso al collo, si sono ritrovate davanti al tribunale di Firenze per tenere alta l’attenzione sul caso che ha travolto e sconvolto le loro vite.

Loro erano una rappresentanza delle circa ottanta professioniste sanitarie del San Giuseppe di Empoli, spiate sotto la doccia dopo il turno di lavoro, secondo l’accusa, da tre tecnici di una ditta che ha in appalto la manutenzione degli impianti dell’ospedale. Gli imputati, un 41enne di Capraia e Limite, un 36enne di San Miniato e un 57enne di Castelfranco di Sotto, dovranno rispondere del reato di interferenze illecite nella vita privata, concorso e continuazione, più l’aggravante di aver commesso il fatto “per motivi abbietti”: un comportamento per il quale rischiano fino a quattro anni di carcere.

Si tornerà dunque in aula tra quattro mesi, perché, come spiega l’avvocato Silvia Polli dello studio legale Rovini-Fiumalbi & Associati di Empoli, al quale si sono rivolte trentadue lavoratrici, "è stato riscontrato un vizio di notifica del decreto di citazione a giudizio". È stata la stessa avvocato a sollevarlo, che precisa: "Andava sanato subito prima dell’inizio del processo vero e proprio. Ad ogni modo – prosegue – per noi quattro mesi di attesa non spostano nulla. Anzi, nel frattempo viene dato modo ad altre lavoratrici, che ancora non lo avevano fatto, di potersi costituire parte civile. Alcune, proprio in virtù del sit in davanti al tribunale hanno manifestato volontà di unirsi alle colleghe in questa battaglia". Una battaglia che stanno portando avanti con determinazione. Non hanno paura di metterci la faccia. Come Chiara, che a maggio darà alla luce Cosimo, ma che ieri mattina era lì davanti al palazzo di giustizia di Novoli con una promessa per il suo bambino: "Quello che voglio trasmettere a mio figlio è il rispetto per la donna e che non si possono fare certe cose e rimanere impuniti".

Sono passati quasi due anni da quando il caso scoppiò, tra lo stupore e l’indignazione generale. Secondo quanto emerso dalle indagini i tre rinviati a giudizio avrebbero nascosto una microcamera nella fessura di un muro dello spogliatoio femminile dell’ospedale empolese che trasmetteva immagini su uno schermo posto in un locale tecnico del medesimo ospedale davanti al quale, secondo la procura di Firenze, si sarebbero seduti, anche in veste di spettatori. L’attività di indagine ha visto anche l’uso del Dna per cercare tracce biologiche dei sospettati su una piccola sonda di quelle usate per cercare le rotture nei tubi. La videocamera endoscopica era stata nascosta nelle docce. Nei giorni di “riprese“, infermiere, oss e dottoresse, ignare di un virtuale buco della serratura, sarebbero state spiate ’live’ (la sonda non avrebbe consentito, fortunatamente, la registrazione) completamente senza vestiti, mentre si insaponavano e lavavano dopo il turno. È stata una di loro, forse allertata dal chiacchiericcio sempre più insistente fra i dipendenti uomini, a ispezionare il muro e tirare fuori con delle pinzette l’occhio elettronico, attaccato a un cavo di un metro che finiva nel vano attiguo. "Si sentivano sghignazzare nei corridoi quando andavamo a fare la doccia", ricorda una delle infermiere.

"Il sorriso e gli sguardi maliziosi li vedevamo, ma non riuscivamo a interpretarli – spiega un’altra operatrice – Tra loro commentavano, ma nessuna di noi immaginava cosa ci fosse dietro". Tutto è stato chiaro quando lo scandalo è venuto fuori. E adesso tutte insieme lottano per avere giustizia. Ieri lo hanno fatto con un flash mob dalle tinte rosse. "Rosso è il colore contro la violenza sulle donne. Noi abbiamo subito una vera e propria violenza: siamo state spiate nude sul posto di lavoro".