MARCO
Cosa Fare

Mario e il primo giorno in classe. Quella porta aperta verso la mamma

Aveva stretto un patto: lei si sarebbe seduta nel corridoio e lo avrebbe aspettato tutta la mattina. Una suora inflessibile gli negò il permesso. Fu allora che scattò una rabbia incontrollabile.

Vichi

Dopo infinite storie immaginate e le avventure vissute attraverso i soldatini e le macchinine, nuotando nella piacevole solitudine della sua camera… a sei anni Mario scoprì che doveva andare a scuola. Suo padre voleva continuare la tradizione di famiglia, e aveva deciso di iscriverlo a un famoso e prestigioso collegio di barnabiti. Avevano portato Mario a visitare il luogo dove avrebbe dovuto vivere almeno i suoi primi cinque anni di scuola, se non anche i tre successivi e magari anche i cinque del liceo. Era un edificio immenso, abbarbicato sulle colline di Firenze, con una grande porta a vetri piombati, un atrio cupo sempre in penombra con i soffitti alti come quelli di una cattedrale, dove ogni bisbiglio si propagava nell’aria e sembrava innalzarsi fino a Dio. Tutto, in quel collegio, sembrava concepito per far sentire ai bambini quanto erano piccoli e dominati dall’autorità. Il primo giorno, mentre lo portavano al collegio, Mario aveva i brividi nelle caviglie, come quando provava le vertigini.

Si era fatto giurare da sua madre che non se ne sarebbe andata, che sarebbe rimasta con lui tutta la mattina. Lei si era lasciata sfuggire il giuramento, forse anche per i sensi di colpa che ancora la tormentavano dal giorno in cui lo aveva "abbandonato" all’asilo delle suore. Arrivarono al collegio, e la mamma lo accompagnò in classe. Gli altri bambini erano tranquillamente seduti al loro banco, e lo guardavano con curiosità. La mamma gli sussurrò che non era possibile che lei stesse in classe con lui, e Mario con gli occhi sgranati le ricordò il suo giuramento. Dopo un veloce scambio di battute raggiunsero un accordo, ideato da Mario: sua mamma si doveva sedere fuori dalla porta aperta, e lui si sarebbe seduto nell’ultimo banco per poterla vedere ogni volta che voltava il capo. E così fu. Cominciò la prima lezione del primo giorno di scuola della prima elementare… per Mario un vero incubo. La poderosa suora indicava con una bacchetta le lettere e le relative figure appese una accanto all’altra su una striscia di legno colorato che correva lungo le quattro pareti dell’aula. A, ape... B, bue... C, cane... D, dado… Mario si voltava ogni due secondi verso la mamma e a gesti mimava un discorso molto semplice: tu – via – no – tu – qui – sì. E la mamma annuiva, paziente. Una scena surreale, ma non per Mario. Dopo un po’ la suora si accorse dei continui segnali di quel bambino seduto in fondo alla classe, rivolti verso la porta spalancata. Scese dalla cattedra ondeggiando come un tronco d’albero in un fiume, e quando vide cosa stava succedendo andò senza esitazioni a chiudere la porta. Mentre tornava verso la cattedra con il suo passo lento e oscillante, Mario corse a riaprire la porta e tornò al proprio posto. La suora continuò la lezione… E, elefante… F, fata… G, gatto… La suora si accorse che quel bambino là in fondo continuava i suoi segnali misteriosi, e di nuovo caracollò fino alla porta per chiuderla…

A quel punto Mario non ci vide più, si avventò addosso alla suora e aggrappandosi alla tonaca si misi a sferrarle calci negli stinchi, insultandola con la erre moscia e la lisca… Cretina, bischera, grulla, scema… Gli altri bambini osservavano quella inverosimile scena esterrefatti e impauriti, trattenendo il respiro… La suora gridava per i calci e guardava con orrore quel maledetto bambino che si permetteva di dirle tali irripetibili parole… La mamma di Mario entrò di corsa in classe staccò so figlio dalla tonaca, fece le sue profonde e sentite scuse alla suora promettendole che non sarebbe più successo, poi prese Mario per mano e se ne andarono… Tornarono a casa a piedi, in silenzio, mano nella mano. Prima di pranzo, il babbo fece a Mario un lungo discorso… Non era possibile… Obbligatorio… Accettare… Abituarsi… Diventare grande… Dal giorno dopo Mario rimase in classe da solo, senza la mamma seduta fuori dalla porta… A, ape... B, bue... C, cane... D, dado…