MARCO
Cosa Fare

Rolando e la missione in Bangladesh Curare i bambini più poveri di tutti

Sapeva che non sarebbe stata una passeggiata, all’inizio era incerto. Poi scoprì una dimensione diversa

Marco

Vichi

Rolando era partito per il Bangladesh al seguito di un’associazione umanitaria, sapendo che non sarebbe stata una passeggiata. Lo avevano invitato a lavorare in un ambulatorio pediatrico. Non era stato facile decidere di partire. Quando gli avevano detto che si trattava del paese più povero del mondo, dove la miseria sfociava spesso in violenza, aveva tentennato, ma alla fine la coscienza lo aveva costretto a dire di sì. Era arrivato a Dacca dopo un lungo viaggio rocambolesco, e il primo giorno lo aveva passato a dormire, recuperando un po’ di forze. La mattina dopo si era messo a disposizione. Il direttore del centro, un medico italiano che viveva in Bangladesh, gli spiegò che non si trattava soltanto di stare in ambulatorio ad aspettare i piccoli pazienti accompagnati dalle loro mamme, ma anche di andare a cercare i bambini nei villaggi del golfo del Bengala, la zona più povera del paese. Gli disse anche, sorridendo, che in ambulatorio si sarebbero presentati anche degli adulti, non era possibile evitarlo. Rolando si era rimboccato le maniche e aveva cominciato l’avventura. Il primo bambino da visitare bisognava andare a prenderlo in una scuola. Era stata sua madre a chiedere quella visita, perché suo figlio aveva delle macchie sulla schiena e nessuno lo aveva ancora visitato. Rolando andò alla scuola insieme a un interprete bengalese, e chiese del bambino mostrando un foglietto con il suo nome. Li fecero aspettare in un corridoio, fuori dall’aula. Ogni tanto si sentiva la voce del maestro che diceva qualcosa, e l’interprete ridacchiava. “Che dice?” chiese Rolando. L’interprete alzò le spalle. “Non capisco… Cioè, capisco le parole ma non capisco perché le dice…” “Ah…” “Sta dicendo… Tirate tirate, ne vedete altri? Levateli tutti…” gli spiegò l’interprete. Allora, curiosi, andarono a spiare dalla porta socchiusa, e videro una scena surreale… Il maestro stava mezzo sdraiato sulla sedia, attorniato da tre bambini che con le dita gli strappavano i capelli bianchi e i peli del naso. Rolando sorrise. Gli avevano detto che la scuola pubblica non era un granché, ma non immaginava di vedere scene del genere. Poco dopo visitò il bambino con le macchie sulla schiena. Non era nulla di che, una pomata e sarebbe guarito in pochi giorni. Il giorno dopo gli capitò un’altra avventura. Era in ambulatorio, quando si presentò un bengalese di una trentina d’anni con l’aria piuttosto imbarazzata. Indossava una camicia consunta e il pareo colorato che usano da quelle parti, chiamato “lunghi”. Una suora francese che lavorava come infermiera faceva da interprete. “Prego, la ascoltiamo” disse Rolando. “Una faccenda un po’ delicata” disse l’uomo. “Mi dica…” Possiamo rimanere da soli?” disse lui, accennando alla suora. “Non parlo bengalese” disse Rolando, allargando le braccia. “Non c’è molto da parlare, basta guardare… Mi farò capire.” “Va bene, proviamo.” “Grazie…” La suora se ne andò in un’altra stanza, e l’uomo fece un bel respiro. Con una mano all’altezza del pube fece un gesto imitando un coltello che tagliava qualcosa. “Non capisco… I don’t understand” disse Rolando in inglese, pensando che in quella parte di mondo doveva essere una lingua conosciuta. “Cut… cut…” disse l’uomo. Poi fece un lungo sospiro rassegnato e lentamente aprì il lunghi… Lo spettacolo che si presentò a Rolando fu davvero inaspettato: l’uomo aveva il pene tagliato quasi alla base, come se fosse stato ghigliottinato. “Oh my God… E io che posso fare? What can i do?” disse Rolando. “You can… hang up?” chiese l’uomo, ansioso. “Cosa? Riattaccarlo?” Era sbalordito. “Hang up… yes…” L’uomo tirò fuori un fagotto di carta e lo aprì, dentro c’era il suo pene, un pezzo di carne annerita e secca, una specie di salsiccia andata a male. Rolando scosse il capo, incredulo. “Ma come puoi pensare che si possa… Dio mio… Metti via quella roba… Ma quando è successo? When it’s happened?” Era solo una curiosità. “Five months ago” disse l’uomo, aprendo una mano per stendere tutte le dita. Come poteva pensare che si potesse riattaccare un pene tagliato cinque mesi prima? Era davvero pazzesco. “Mettilo via… Non è possibile… Sorry… It’s no possible… Sorry… Com’è successo? How did it happen?”.

1-continua