San Giovanni, i Dik Dik sul palco di piazza Masaccio

Sabato 14 settembre, alle ore 21.30 a San Giovanni Valdarno, in occasione della Festa del Perdono, i leggendari Dik Dik saliranno sul palco di piazza Masaccio

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Arezzo, 10 settembre 2024 – Sessanta anni di attività, uno dei “gruppi” più longevi della scena europea, dall’epoca del beat e della “british invasion” al rapporto speciale intercorso con Lucio Battisti e con Mogol, alle tante canzoni entrate nell’immaginario collettivo di intere generazioni. Musica e parole indelebili, che superano l’idea stessa di passato e di presente, per entrare nell’olimpo della creatività che va oltre il tempo in cui è stata concepita. Sabato 14 settembre, alle ore 21.30 a San Giovanni Valdarno, in occasione della Festa del Perdono, i leggendari Dik Dik saliranno sul palco di piazza Masaccio. Pietruccio Montalbetti, storico fondatore e chitarra del gruppo, e Lallo Sbriziolo, altro fondatore e voce e chitarra, con Mauro Gazzola alle tastiere e Gaetano Rubino alla batteria presenteranno “Una Vita d’Avventura”, il concerto dalla recente opera discografica che include anche brani inediti ed è dedicata all'altro storico co-fondatore Pepe Salvaderi. L’evento, con ingresso gratuito, è organizzata dal Comune in collaborazione con Materiali Sonori. Dopo il grande successo dello scorso anno di Bobby Solo, un tuffo nella storia della musica italiana attraverso i brani che hanno dominato le classifiche e che sono diventati veri e propri inni generazionali come “Sognando la California” (versione dell'indimenticabile “California Dreamin’ dei Mamas & Papas) e "L’Isola di Wight", canzoni che li hanno consacrati fra il 1966 e il 1970, e poi “Senza luce” (la versione italiana del grande successo di Procol Harum), “Il vento”, “Il primo giorno di primavera” e “Vendo casa”. Fino a “Uno in più”, una canzone composta da Battisti (e all’epoca cantata da Riki Maiocchi), destinata a diventare un simbolo sonoro per un’intera generazione di giovani italiani, un invito a unirsi agli altri per non essere più soli e provare a costruire un mondo migliore: in fondo l’utopia che ha attraversato tutti gii irripetibili anni Sessanta.