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La Nazione

CARLO CASINI

Cosa Fare

I 5 luoghi in Toscana poco conosciuti da visitare nel weekend

Dove andare e cosa mangiare di tipico, tra borghi colorati, meraviglie geologiche, antichi sentieri, paesini di montagna, pale eoliche, ruderi di antiche fortificazioni, castelli dalle leggende struggenti

La Rocca della Verruca, le Balze del Valdarno, il Castello Malaspina: ecco alcune gite fuori porta da fare in Toscana

Gi&agrave; che state leggendo questo articolo dal vostro cellulare, beh, partiamo subito dal pi&ugrave; instagrammabile dei cinque borghi, e per farlo ci dirigiamo sui crinali della Valdera, a 45 chilometri da Pisa. Con le sue case pastello, cos&igrave; colorato, Ghizzano ha toni che vi faranno acchiappare un bel po&rsquo; di like. Ma fatti i dovuti scatti, riponete il telefono in tasca e godetevi le palazzine color verde pistacchio, smeraldo, rosa salmone, marrone bruno, arancio e chi pi&ugrave; ne ha pi&ugrave; ne metta: richiamano e accentuano le tonalit&agrave; delle colline pisane nelle varie stagioni, un progetto a firma dell&rsquo;artista David Tremlett che nella via centrale &ndash; via di Mezzo appunto &ndash; vi accompagneranno fino alla piazzetta. Ghizzano &egrave; una frazione del molto pi&ugrave; noto comune di Peccioli, che anno scorso ha vinto il prestigioso riconoscimento di Borgo dei borghi 2024. Il comune capoluogo &egrave; un centro d&rsquo;eccellenza dell&rsquo;arte contemporanea e vale pi&ugrave; di una gita per chi non lo conoscesse. Ma oggi siamo qui alla ricerca di angoli meno conosciuti, perci&ograve; ci dedichiamo al fratello minore Ghizzano, dove quell&rsquo;aria d&rsquo;arte comunque si respira: si possono visitare le opere di Patrick Tuttofuoco &ndash; il ciclo &lsquo;Elevatio corpus&rsquo;: il San Michele in neon, il San Sebastiano in marmo e il San Giovanni in ferro &ndash;, e la sfera del &lsquo;Solid sky&rsquo; di Alicja Kwade, ma anche le installazioni del Giardino sonoro, visitabile su prenotazione. 
Per pranzo? Da queste parti cinghiale e zuppa (simile alla ribollita) vanno forte. E poi siamo nel Pisano: tra poco arrivano le fragole di Terricciola e poi pure le ciliegie di Lari&hellip;

Ghizzano e le sue case colorate

Ghizzano

Rimaniamo nella provincia di Pisa, ma stavolta sulla sponda settentrionale dell&rsquo;Arno, e andiamo sul Monte Verruca, a 537 metri sul livello del mare, cos&igrave; chiamato, si dice, perch&eacute; &egrave; uno sperone roccioso che sembra proprio una verruca sui Monti Pisani. Qui si trovano le rovine di un&rsquo;antica rocca che fu assai strategica, poich&eacute; consentiva alla repubblica marinara di controllare gran parte del basso Valdarno fino alla costa, e quindi di vigilare sia sull&rsquo;arrivo dei Fiorentini che dei Saraceni. 
Ai tempi non c&rsquo;erano le radio e i satelliti, ma c&rsquo;era il fuoco: con un sistema pi&ugrave; semplice, ma altrettanto efficace di quello di oggi e se vogliamo meno fragile, si poteva comunicare con segnali di fiamme di notte e di fumo di giorno, o anche con certi codici di colpi di cannone in caso di nebbia, da castello a castello (principalmente Vicopisano, Caprona, Buti, Asciano, San Giuliano) l&rsquo;arrivo dei nemici, cos&igrave; da schierare e convogliare l&rsquo;esercito. 
Testimoniata almeno dal &lsquo;780, assunse le attuali forme nel 1200, ma fu poi abbandonata tre secoli dopo, con la caduta di Pisa nel 1503, anche se continu&ograve; a essere in parte utilizzata dai Fiorentini per qualche tempo. 
Adesso ne rimangono i ruderi, pur sempre affascinanti, e la posizione di struttura di avvistamento garantisce panorami spettacolari nelle giornate terse, fino all&rsquo;Arcipelago toscano. Tutto bello&hellip; purch&eacute; non siate faticoni: perch&eacute; per arrivarci c&rsquo;&egrave; da scarpinare un po&rsquo; e, soprattutto l&rsquo;accesso alla rocca, su alte e impervie rocce di pietra verrucana (non a caso chiamata cos&igrave;, perch&eacute; &egrave; stata usata per molta architettura civile e religiosa della del Pisano e Livornese) non rende agevole l&rsquo;arrivo a tutti, e se si hanno difficolt&agrave; motorie o vertigini &egrave; meglio valutare bene prima di intraprendere la gita. Se per&ograve; si vuole fare una bella camminata di circa due ore e mezza, invece di complicarsi la vita in stradelle di montagna, consigliamo di parcheggiare alla Certosa di Calci e di godersi la natura. Tantopi&ugrave; che in caso di meteo incerto che non invogliasse alla partenza, si potr&agrave; salvare la gita con una visita alla certosa e al bellissimo museo di Storia naturale. 
E da mangiare? Trovare qualcuno che ci cucina i veri piatti della tradizione pisana come la zuppa, il bordatino o le pallette sarebbe il massimo. Per secondo, magari una bella braciola di mucco pisano. E si pu&ograve; approfittare di questo periodo per trovare nei forni un dolce tipicissimo di queste settimane di Quaresima: la schiacciata di Pasqua. 
&nbsp;

Rocca della Verruca

La Rocca della Verruca

Ci spostiamo in montagna quella vera, e pure un po&rsquo; fuori regione: in provincia di Bologna, nel comune di San Benedetto Val di Sambro, sull&rsquo;Appennino Tosco-Emiliano. Ma niente paura, niente di impervio o difficile: questa &egrave; quasi un&rsquo;autostrada del trekking. Madonna dei Fornelli &egrave; una tappa centrale della Via degli Dei, il sentiero forse pi&ugrave; famoso in Toscana (dopo la via Francigena), che unisce Bologna a Firenze ed &egrave; sempre pi&ugrave; popolare tra i camminatori. &Egrave; quindi super attrezzato e adatto a tutti. Madonna dei Fornelli &egrave; una piccola e vivace localit&agrave; montana resa molto frequentata dai trekker per il passaggio della suddetta via, ma gi&agrave; frequentata da almeno un secolo come stazione climatica, per la sua aria fresca e salubre, per cui ebbe nel Novecento una forte espansione dell&rsquo;economia turistica. Deve il suo curioso toponimo al fatto che qui nel 1630, sconfitta la terribile peste, fu eretto il santuario in onore della Madonna della Neve; l&rsquo;attributo &lsquo;dei Fornelli&rsquo;, invece lo si deve alle montagnole di terra e legna che accendevano i carbonai per produrre il carbone e si vedevano ardere lentamente da lontano. Qui un tempo infatti c&rsquo;era una povera economia di montagna, nota oltre che per la produzione carbonaia, anche per quella delle trecce di paglia (a 13 fili) e dei treccini (a 7), che poi venivano portate a Firenze e Signa per confezionare cappelli e altri oggetti. 
Ma la storia di Madonna dei Fornelli &egrave; assai pi&ugrave; antica: risale almeno all&rsquo;epoca romana, come testimonia il selciato della Flaminia militare (oggi in buona parte ricalcato proprio dalla Via degli Dei). Di questa si era persa memoria ufficiale, per&ograve; era sempre sopravvissuta nella memoria popolare, tanto che parte del sentiero che andava Monzuno veniva chiamato Via Romana. Fu proprio durante gli studi di un gruppo di appassionati alla fine del secolo scorso, mentre si cercava di (ri)tracciare la Via degli Dei, sondando le testimonianze orali degli anziani, studiando Tito Livio e ritrovano una moneta romana poi che riemerse l&rsquo;antica strada. 
Appena fuori paese, direzione Bologna, sempre lungo la Via degli Dei c&rsquo;&egrave; poi un tratto davvero suggestivo: il parco eolico di Monte Galletto, che vale una bella passeggiata per farsi venire il giusto appetito prima di andare a mangiare nelle tante trattorie a prezzi ancora onesti le prelibatezze di cucina tosco-emiliana, gi&agrave; che di fornelli siamo a parlare: tortelli, tortellini, tagliatelle, arrosti girati, funghi&hellip; Nel parco eolico l&rsquo;incanto della tecnologia si fonde con la meraviglia della natura in un mix davvero particolare; bellissimo questo altopiano con il verde della primavera sotto il sole, ma emozionante e quasi spettrale se vi capita una giornata di nebbia, in cui il rumore dei rotori riempie l&rsquo;aria di un suono ovattato e vedete le pale sbucare come braccia di giganti.

Parco Eolico di Monte Galletto a Madonna dei Fornelli

Madonna dei Fornelli e il parco eolico di Montegalletto

Non importa andare negli States per trovare panorami western. La Toscana ne &egrave; piena. Uno a un tiro di schioppo da Firenze e raggiungibile facilmente con la A1? L&rsquo;Area naturale delle Balze del Valdarno. Queste alte formazioni geologiche sono incredibili e fanno sembrare di vivere in una scena di un film di Sergio Leone: pinnacoli di roccia e argilla stratificati si alternano a burroni verticali e canyon. Una meraviglia della natura che offre vari percorsi a piedi per godersela al meglio, tra cui il facile sentiero di appena 6 chilometri (7,5 se si aggiunge anche la tappa del borgo di Piantravigne) e 200 metri di dislivello dell&rsquo;Acqua zolfina, cos&igrave; chiamato perch&eacute; nasconde un&rsquo;ulteriore curiosit&agrave; geologica: l&rsquo;omonimo borro che raccoglie una sorgente di acqua solforosa, immediatamente riconoscibile al passaggio sia per l&rsquo;odore che per il colore lattiginoso. Classicamente lo si imbocca a Castelfranco di Sopra, comune dove si trovano anche ristori e negozi. Ma attenzione: cos&igrave; si parte dal punto pi&ugrave; alto e al ritorno c&rsquo;&egrave; la salita, cosa assai fastidiosa&hellip; 
A Castelfranco il suo sarebbe una frittella di giaggioli. Ma siamo pur sempre in Valdarno: facciamoci un panino con la tarese da portarci dietro durante l&rsquo;escursione. E se invece ci vogliamo sedere a tavola? Beh, uno stufato alla sangiovannese o un pollo bianco alla brace, ovviamente senza dimenticare i fagioli zolfini, che prendono sapore proprio da quello zolfo di cui &egrave; ricca la terra come abbiamo imparato dal borro..

Balze del Valdarno

Ci spingiamo ora nell&rsquo;estremo nord della Toscana, a un tiro di schioppo dalla Liguria, in quell&rsquo;estesa e misteriosa terra di Lunigiana, tanto estesa che vederla tutta &egrave; impossibile, perch&eacute; ci sono mille borghetti che sono dei gioielli dove per&ograve; arrivare chiede lunghe ed estenuanti stradelle di montagna. Ma Fosdinovo no: &egrave; un comune tra i pi&ugrave; accessibili e vicini alla costa, a prova anche dell&rsquo;autista pi&ugrave; cittadino. Dici Fosdinovo, dici Castello Malaspina: una delle fortezze meglio conservate della Lunigiana, che ha origini gi&agrave; nell&rsquo;anno Mille, seppure il suo attuale aspetto sia del secolo successivo. Inizialmente in mano ai Vescovi di Luni e poi al celebre Castruccio Castracani, dopo la sua morte pass&ograve; ai Malaspina, a partire da quel marchese dall&rsquo;oggi buffo nome di Spinetta Malaspina, ebbe una lunga e ricca storia. Ma lasciando scoprire la storia durante la visita, preferiamo incuriosire il lettore con due leggende tra il noir e il paranormale. Quella della marchesa Cristina Pallavicini, che rimase vedova del marito Ippolito, ma non per questo casta: ebbe infatti un gran numero di amanti. Emancipazione, donna all&rsquo;avanguardia si direbbe oggi. Tutto bene, se non ch&eacute; si dice che dopo che si era stancata del moroso di turno, lo uccidesse per passare al successivo. E poi c&rsquo;&egrave; pure la leggenda di una donna dall&rsquo;amore sfortunato, vittima invece della societ&agrave; patriarcale e classista: la dolce marchesina Maria Aloisia Malaspina, che tra i tanti nobili che poteva avere, si and&ograve; a innamorare proprio dello stalliere. Non voleva sapere di desistere da quell&rsquo;amore impossibile per i tempi e i genitori tanto si adirarono che la fecero rinchiudere nella torre, dove mor&igrave; consumata dalla fame e l&rsquo;inedia, ma ancor pi&ugrave; dall&rsquo;amore. Ma c&rsquo;&egrave; chi dice che ancora viva il suo spirito e si sentano i pianti nel castello. 
Sempre di propriet&agrave; Malaspina, ma molto pi&ugrave; moderna (1724) &egrave; la Villa di Caniparola, con grandi saloni affrescati e un magnifico giardino all&rsquo;italiana. 
Meritano un passaggio anche la chiesa di San Remigio e l&rsquo;oratorio dei Bianchi. 
Tre chilometri fuori paese, nella localit&agrave; dal curioso toponimo &#39;La Vagina&#39;, &egrave; presente il suggestivo museo audiovisivo della Resistenza, dove le testimonianze dei partigiani e di chi ha vissuto la guerra sono raccolte e tramandate in maniera digitale e interattiva. 
Tante visite avranno stimolato l&rsquo;appetito: siamo in Lunigiana e qui il pasto d&rsquo;obbligo sono i testaroli, al pesto, al rag&ugrave; o semplicemente a olio e formaggio. E se volete qualcosa di ancor pi&ugrave; particolare, cercate i &ldquo;cugini&rdquo; panigacci, che si possono mangiare sia lessi e conditi come primo, che fatti alla brace e accompagnati di salumi e formaggi.

Castello di Fosdinovo

Fosdinovo

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