Un milione in contanti a Firenze: Scrigno umano sul bus dei cinesi viaggia con la ricchezza

Questo articolo esamina il fenomeno dell'esportazione illegale di denaro da parte della comunità cinese a Prato, in Italia. L'evasione fiscale annua stimata è di circa un miliardo di euro, con corrieri, faccendieri, imprenditori, trasportatori e autisti che riescono a farla franca.

di Laura Natoli

PRATO

Un fiume inarrestabile di denaro che transita per le nostre strade, per gli aeroporti, dalle frontiere. Per un caso che viene scovato, chissà quanti altri passano inosservati con corrieri, faccendieri, imprenditori, trasportatori, autisti che riescono a farla franca. E’ sempre stato così e sempre lo sarà. A Prato, seconda città del centro Italia con la comunità cinese più grande d’Europa rispetto alla popolazione residente (25mila gli orientali registrati all’anagrafe, altri 15mila clandestini stimati), non è una novità. Non sorprende che la cinese di Catania sia stata pizzicata su un autobus diretto ad Aosta portandosi al seguito valigie cariche di banconote. Il peso deve essere stato non indifferente per arrivare alla cifra di un milione di euro. D’altronde è accaduta un caso simile appena una settimana fa. Protagonista, in quell’occasione, un cinese residente a Prato fermato dalla guardia di finanza di Imperia al casello di Ventimiglia alla guida di un lussuoso mini van. L’uomo rientrava dalla Francia ma alle richieste dei finanzieri ha dichiarato di non trasportare denaro. Peccato che il suo nervosismo, le risposte generiche e poco convincenti abbiano insospettito i finanzieri. E così dal bagagliaio sono spuntati quattro borsoni al cui interno c’erano 900.000 euro suddivisi in mazzette di banconote di tagli differenti. Il cinese residente a Prato, titolare di una ditta individuale di noleggio con conducente, aveva un profilo reddituale e patrimoniale incompatibile con la somma trasportata. Dalle tante indagini condotte dalla procura di Prato negli anni, è spesso emerso che i cinesi smuovono grandi quantità di contanti nonostante dichiarino di avere redditi assolutamente bassi. Girano su macchine di lusso ma la dichiarazione dei redditi è di poche migliaia di euro. Nella maggior parte dei casi, come è stato accertato, i soldi sono frutto di altri reati come lavoro nero, sfruttamento di clandestini, contraffazione, evasione dell’Iva, mancato pagamento dei contributi, ditte apri e chiudi intestate a prestanome inesistenti.

Nel distretto parallelo cinese girano milioni e milioni di euro che poi vengono spediti all’estero in modo da scomparire agli occhi del fisco. E i trucchi usati sono stati dei più disparati: prima i money transfer, poi i pullman che partivano da Prato stracarichi di trolley e valigie riempiti di banconote e mazzette, fino ai soldi trasformati in lingotti d’oro inviati in Cina. Per non parlare della falsa banca cinese: anonimi negozi (ce n’era uno anche a Prato) che spostavano denaro come istituti di credito.

Nel tempo è stato scoperto perfino chi si faceva inserire da carrozzieri o meccanici di fiducia cassette di sicurezza sotto le auto in modo da occultare le somme di denaro. O chi le cuciva dentro le fodere delle giacche. Non per nulla fino a poco tempo fa le banconote da 500 euro erano introvabili a Prato: pesavano meno delle mazzette ed erano più facilmente trasportabili. E’ quanto denuncia da anni l’ex assessore alla sicurezza del Comune di Prato, Aldo Milone di Prato Libera e sicura. "Non so se questo è il periodo in cui i cinesi si muovono per esportare i milioni di euro, guadagnati illecitamente in Italia – dice Milone –. Non credo che sia un periodo particolare per l’esportazione di valuta anche perché per i cinesi ogni giorno o mese è quello buono. Però la donna che proveniva da Catania con un pullman, sicuramente è un corriere, mi fa pensare ai famosi viaggi che,settimanalmente, i cinesi effettuavano da Prato con i pullman di una ditta pistoiese per recarsi a Roma e da lì imbarcarsi per la Cina. Il luogo era sempre il medesimo, via Viareggio a Prato. Ho denunciato più volte questi strani viaggi ma non sono stato ascoltato. Non a caso l’Irpet ha quantificato un’evasione annua da parte della comunità cinese di circa un miliardo di euro Chi sperava che ci fosse stata un’integrazione completa negli ultimi venti anni, è rimasto deluso".